WASHINGTON - Il ritorno di Vladimir Putin in territorio statunitense dopo 10 anni, in occasione del vertice con il presidente americano Donald Trump, è stato segnato da un’accoglienza degna di un’ospite d’onore, come riportato da tutti i media internazionali.
Dal tappeto rosso, alle cerimonie formali con sorvoli militari, fino a dieci minuti di faccia a faccia dentro “The Beast”, la limousine di Donald Trump. L’incontro, tenutosi lo scorso 15 agosto nella Joint Base Elmendorf-Richardson, ad Anchorage in Alaska è il primo vertice presidenziale russo-americano ospitato all’interno di una base militare statunitense.
Anche la scelta dell’Alaska, ex territorio dell’Impero russo ceduto agli Stati Uniti nel 1867, non è stata casuale: la sua posizione geografica - tra Russia e Stati Uniti - e la sua storia militare, l’ha resa importante simbolicamente, ma allo stesso tempo strategicamente neutra. Il primo risultato evidente del vertice è la riabilitazione a livello globale di Vladimir Putin, dopo che per tre anni è stato ostracizzato, la sua presenza in Alaska ha segnato una vittoria personale, come previsto da Volodymyr Zelensky.
E anche la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, rivolgendosi ai media occidentali ha commentato: “Hanno parlato per tre anni dell’isolamento della Russia, e ora hanno visto il tappeto rosso con cui hanno accolto il presidente russo negli Stati Uniti”.
“È bene quando due grandi potenze vanno d’accordo, specialmente quando sono potenze nucleari”, ha tagliato corto il presidente americano in un’intervista a Fox News seguita all’incontro. I preparativi del vertice erano stati accompagnati da tensioni e speculazioni, con Trump che aveva assicurato: “Nei prime due minuti capirò se un accordo può essere raggiunto” e aveva minacciato nuove e pesantissime sanzioni nel caso in cui Mosca non avesse accettato un cessate il fuoco entro l’8 agosto.
Contemporaneamente, il capo della Casa Bianca aveva evocato la possibilità di uno “scambio di territori” tra Ucraina e Russia. Ma i contenuti della riunione non sono stati chiariti nei dettagli, nemmeno durante la conferenza stampa.
Di certo l’obiettivo principale dell’amministrazione americana, quello di strappare a Vladimir Putin un cessate il fuoco immediato, non è stato raggiunto. E anche il capitolo sanzioni sembra per il momento accantonato; nonostante la Casa Bianca le abbia minacciate in più occasioni, il presidente americano ha detto chiaramente che per ora non se ne parla più, come per l’ipotesi di dazi secondari contro chi acquista il petrolio russo.
Le ricostruzioni della negoziazione fatte da fonte autorevoli come New York Times, Financial Times e dalla Reuters, coincidono in gran parte fra loro e indicherebbero l’intenzione russa di porre fine alla guerra, se l’Ucraina accettasse di cedere il 30% della regione di Donetsk. Regione che Mosca non è mai riuscita a conquistare né durante l’offensiva del 2014-2015, né nell’invasione su larga scala iniziata nel 2022, e che al ritmo attuale potrebbe impiegare anni per raggiungere ed espugnare.
In cambio, Putin avrebbe offerto il congelamento delle ostilità lungo il resto della linea del fronte, ossia nelle regioni di Luhansk (già occupata al 99%), Zaporizhzia e Kherson, con una promessa scritta a non attaccare nuovamente l’Ucraina o qualsiasi altro Paese europeo.
Putin avrebbe accettato che l’Ucraina riceva forti garanzie di sicurezza dopo il raggiungimento di un accordo, anche con l’impegno diretto degli americani, a patto che non si preveda l’adesione di Kiev alla Nato. Putin avrebbe anche richiesto che il russo torni a essere lingua ufficiale in Ucraina e di garantire sicurezza per le chiese ortodosse russe.
“Tutti hanno convenuto che il modo migliore per porre fine alla terribile guerra tra Russia e Ucraina è quello di arrivare direttamente a un accordo di pace, che metterebbe fine al conflitto, e non a un semplice accordo di cessate il fuoco, che spesso non regge”, il commento di Trump sulla sua piattaforma Truth di ritorno dall’Alaska. Un commento contrario a ciò che Zelensky e altre autorità ucraine segnalano da giorni, ovvero che un accordo definitivo non può prevedere la cessione permanente di alcun territorio sovrano ucraino, poiché ciò ne violerebbe la Costituzione. A chiusura del vertice, Trump ha lasciato che il leader russo aprisse la conferenza stampa, cosa che Putin ha fatto parlando per il doppio del tempo rispetto all’omologo americano che ha chiosato dicendo: “Abbiamo fatto grandi progressi”.
Putin ha poi concluso rivolgendosi, in inglese, al presidente americano dicendo: “Next time in Moscow”. “Grazie molte Vladimir”, ha risposto Trump, aggiungendo che “forse” succederà.
“È molto importante che i nostri Paesi voltino pagina”, dopo che le relazioni russo-americane “sono cadute al livello più basso dalla Guerra Fredda”, ha affermato Putin dopo le quasi tre ore di colloquio, che ha descritto come una conversazione “molto schietta e concreta”, che avrebbe contribuito ad avvicinare “alle decisioni necessarie”.