BUENOS AIRES - Jorge Mario Bergoglio, morto questo lunedì all’età di 88 anni, il 13 marzo 2013 era diventato il primo Papa latinoamericano della storia. 

Tuttavia, il suo rapporto con il continente è stato complesso: non solo per la sua mancata visita in Argentina durante il pontificato, ma anche per i cambiamenti politici e sociali che hanno segnato la regione, senza contare che la fede cattolica ha continuato a perdere fedeli in tutto il continente, dove cresce la presenza delle sette evangeliche, un processo che la Chiesa non è riuscita a fermare. 

In Argentina, la notizia della morte del Pontefice ha generato una profonda commozione. Dalle prime ore del mattino, la Cattedrale Metropolitana di Buenos Aires ha aperto le sue porte per una messa in sua memoria.  

Personaggi dello spettacolo, della cultura e anche dello sport – Bergoglio era fervente tifoso della squadra di calcio San Lorenzo -  hanno espresso il proprio rammarico per il decesso di Papa Francesco, ricordandolo nelle sue molteplici sfaccettaure di leader spirituale e figura politica. 

Papa Francesco visse 76 anni della sua vita in America Latina, lasciando definitivamente il continente solo nel 2013, anno della sua elezione a pontefice. Richiamando spesso l’attenzione sui problemi sociali endemici, visitò dieci Paesi latinoamericani durante il suo pontificato: Brasile, Ecuador, Paraguay, Bolivia, Cuba, Messico, Colombia, Cile, Perù e Panamá. 

Lula Da Silva, presidente del Brasile, ne ha sottolineato il “coraggio e l’empatia” con cui ha inserito la questione del cambiamento climatico in Vaticano (nell’enciclica Laudato sii). Ha inoltre elogiato le critiche del pontefice argentino ai “modelli economici che hanno portato l’umanità a generare così tante ingiustizie”. 

In Cile, il presidente Gabriel Boric ha pubblicato un messaggio, sottolineando l’impegno di Francesco nel riavvicinare la Chiesa al popolo, “in un mondo in cui la dimensione spirituale sembra essere passata in secondo piano”. Ha anche colto l’occasione per ricordare che “la giustizia sociale è trascendenza, e così l’ha vissuta e insegnata Bergoglio”.  

L’arcivescovo della capitale cilena ha lodato lo sforzo del pontefice per proseguire con il suo mandato negli ultimi giorni di vita, nonostante le gravi condizioni di salute. “È morto con gli stivali ai piedi, fino all’ultimo momento ha servito il Vangelo e ha difeso i poveri”, ha dichiarato. 

La presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, che aveva potuto incontrarlo durante la sua visita nel Paese, ha ricordato il lato profondamente umanitario del pontefice, che si è speso per “i poveri, la pace e l’uguaglianza”, sostenendo che la sua opera “lascia una grande eredità di vero amore verso il prossimo”. 

In Colombia, il presidente Gustavo Petro ha definito Francesco un “compagno dell’anima” e ha espresso profondo dolore per la sua scomparsa. Ha ricordato il suo impegno nel difedenre la vita dall’avidità. Anche la vicepresidente Francia Márquez ha ricordato la sua visita del 2017 e il messaggio di riconciliazione portato al Paese. La sua figura è stata fondamentale per il processo di pace con le Farc. 

Il suo pontificato, iniziato nel 2013, ha segnato un’epoca di aperture e di dialogo, ma anche di sfide e tensioni, specialmente con i settori più conservatori della Chiesa.  

In America Latina, Francesco è stato riconosciuto come un leader morale capace di parlare ai più umili, pur restando talvolta distante dalle realtà più complesse del continente. La sua morte lascia un vuoto simbolico profondo in una regione che, nonostante le contraddizioni, ha sempre visto in lui una figura vicina e familiare.  

In Venezuela, il presidente Nicolás Maduro ha descritto il Papa come un “leader spirituale trasformativo” e “fratello del Sud”.  Nonostante le dure critiche al suo governo, che Francesco aveva definito in ripetute occasioni come una dittatura, Maduro ha elogiato il suo impegno contro le disuguaglianze e a favore di un mondo più giusto e solidale. Temendo una guerra civile, il Papa ha sempre chiesto al popolo venezuelano di cercare una soluzione pacifica ai sopprusi del regime chavista, che non portasse a un conflitto armato e la perdita di vite innocenti. 

Anche a La Habana il governo ha espresso condoglianze ufficiali, sottolineando la vicinanza del Papa al popolo cubano. Tuttavia, il suo silenzio su questioni come la repressione e i diritti umani durante la visita del 2015 fu oggetto di critiche. Nonostante ciò, nel gennaio 2025, il Vaticano contribuì alla scarcerazione di oltre 200 prigionieri politici nell’isola, gesto collegato al Giubileo del 2025.