PALERMO - Silvio Berlusconi non testimonierà al processo di appello su La Trattativa tra lo Stato e la mafia, che si sta svolgendo nel Tribunale di Palermo.
Il 3 ottobre l’ex presidente del Consiglio sarebbe dovuto infatti comparire davanti ai giudici, chiamato a riferire dalla difesa dell’imputato Marcello Dell’Utri, già detenuto per concorso esterno in associazione mafiosa e condannato lo scorso anno in primo grado a dodici anni per violenza o minaccia a corpo politico dello Stato.
Gli avvocati di Silvio Berlusconi, Franco Coppi e Nicolò Ghedini, hanno però depositato la certificazione da cui risulta che l’ex premier è indagato a Firenze per le stragi di mafia del 1993 come possibile mandante occulto degli attentati a Firenze, Roma e Milano. Sebbene già emersa due anni fa, la notizia delle indagini a suo carico non era mai stata confermata da Silvio Berlusconi, ma stavolta i suoi legali hanno ritenuto necessario renderlo pubblico, dopo aver accertato che nell’ambito del processo d’appello su La Trattativa il loro assistito sarebbe stato ascoltato non come indagato, bensì come persona informata sui fatti e, di conseguenza, non si sarebbe potuto avvalere della facoltà di non rispondere ai magistrati. Essendo quindi Berlusconi imputato in un processo che è in qualche modo legato a quello che si sta svolgendo a Palermo, è la ratio dei legali dell’ex premier, la veste giuridica della sua testimonianza non può essere come semplice persona informata dei fatti. Starà ora al Tribunale decidere se sentirlo ugualmente, ma come indagato di reato connesso e in presenza dell’avvocato consentendogli così anche di potersi rifiutare di rispondere. “L’indicazione dell’iscrizione del presidente Berlusconi da parte della Procura di Firenze non costituisce certamente una novità. Il fatto era già ben noto – hanno affermato i legali Franco Coppi e Nicolò Ghedini – così come altrettanto noto che si tratti di una iscrizione dovuta come con la consueta correttezza riconosciuto dalla stessa Procura fiorentina. Siamo certi che come già nelle precedenti occasioni tale ipotesi non potrà che risolversi in un’archiviazione”. Secondo le sentenze, ricordano gli avvocati, “Berlusconi è stato semmai vittima della mafia”.
In realtà, “se pure non vi è prova diretta dell’inoltro della minaccia mafiosa da Dell’Utri a Berlusconi, perché solo loro sanno i contenuti dei loro colloqui - hanno scritto i giudici di primo grado nelle motivazioni della sentenza del processo su La Trattativa -, ci sono ragioni logico-fattuali che inducono a non dubitare che Dell’Utri abbia riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con l’associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Vittorio Mangano”. Dell’Utri, è la ricostruzione dei giudici, sarebbe stato quindi il tramite della minaccia mafiosa nei confronti di Berlusconi, che risulta dunque essere vittima di una estorsione. In ogni caso, ha stabilito altresì la corte, pagò fino al 1994 ingenti somme di denaro a Cosa nostra.
La decisione dei legali di non permettere al proprio assistito di testimoniare in difesa di Dell’Utri, ha sollevato però, secondo quanto riportato dall’Adnkronos, “sorpresa, rabbia, incredulità. E una grandissima amarezza” tra i familiari dell’imputato. La moglie di Marcello Dell’Utri, Miranda, ha preferito non rilasciare dichiarazioni, ricordando però che “qui c’è la vita di Marcello in gioco”. Secondo la difesa infatti, nessuno meglio di Berlusconi avrebbe potuto scagionare Dell’Utri dall’accusa di averlo minacciato. E tuttavia, pare che Berlusconi non sia intenzionato a testimoniare in difesa del suo vecchio amico e co-fondatore di Forza Italia.