Solo ora, a 28 anni dalla morte di Augusto Daolio, Beppe Carletti è riuscito a dedicare esplicitamente all’amico una canzone inedita, intitolata “Il segno del fuoriclasse”, preziosa traccia contenuta nel nuovo album di inediti “Solo esseri umani”, uscito la scorsa settimana in formato vinile trasparente, cd e digital download.
“Dalla nostra amicizia, nata su un palco, è partita la storia straordinaria dei Nomadi - ricorda Carletti - una storia che continua con gli stessi valori delle origini, primo fra tutti la coerenza, e che potrebbe presto essere raccontata in un film”.
Il primo embrione di quelli che poi sarebbero stati i Nomadi nasce in una calda giornata del 1961, in piena era del “dopo-boom”. Un gruppo di ragazzi, capeggiati da Beppe e la sua fisarmonica, comincia a esibirsi nei paesi della campagna modenese. Inizialmente si chiamano I Monelli. Ma ben presto si accorgono che quel nome è un limite. Non sarebbero potuti essere eternamente “monelli”.
Si sentono però “vagabondi”, nella musica come nella vita. E’ il 1962 quando un giovanotto di 16 anni si unisce al resto della banda: Augusto Daolio, il filosofo, colui che avrebbe portato nel gruppo un tocco di poesia e di magia.
Nascono così i Nomadi, l’unico gruppo italiano che ha attraversato decenni di storia. E’ cresciuto e cambiato in un’Italia in continuo mutamento, mantenendo sempre una sua personalità.
Del primo incontro con Augusto, Beppe ricorda tutto come se non fossero passati circa sessant’anni. “Eravamo in un locale di Trecenta, in provincia di Rovigo. Un chitarrista che era con me - racconta - mi disse che aveva portato con sé un ragazzo che faceva il cameriere a Novellara e che sapeva cantare: era Augusto. Salimmo insieme sul palco e da quel momento non ci separammo più. Ce ne andammo per 77 giorni consecutivi a Riccione a suonare, sia il pomeriggio che la sera. Era il 1963”.
I ricordi sono innumerevoli. “Quando si andava a fare un concerto in un paese - racconta Beppe - Augusto, che dormiva pochissimo, se ne andava di buon’ora a cercare siti archeologici e le particolarità del luogo e la sera le raccontava sul palco.Era curioso, aveva sempre un libro in mano, dipingeva, aveva fame di vita”.
“Il segno del fuoriclasse” è un omaggio a quel ragazzo con cui Carletti ha condiviso trent’anni di musica e di amicizia, dai 16 ai 46 di età, “gli anni più belli, quelli in cui si fiorisce e si diventa uomini”, sottolinea. La morte di Augusto, nel 1992, a soli 45 anni, è stata una brutta batosta, forse il segno se non di una fine, di un passaggio importante.
“E’ stato l’unico momento in tutti questi anni in cui ho pensato veramente di mollare - rammette Carletti -. Il pensiero di salire sul palco senza di lui sembrava inconcepibile. Ma in quell’anno è morto, in un incidente stradale, anche un altro componente del gruppo, il bassista Dante Pergreffi. Allora mi sono ribellato, ho pensato che solo andando avanti potevo tenere vivo il ricordo dei miei amici. Ed è stato così”.
Una fortuna per lui essere il tastierista dei Nomadi e non il cantante, altrimenti, spiega, “sarebbe stato impossibile riuscire a cantare di Augusto senza commuoversi”. Questo pezzo, come tutto l’album, è figlio del lockdown e del bagno nei ricordi suscitato da questi mesi di vita rallentata. Ma non è la malinconia il tratto saliente. “Le parole chiave sono ‘valori’, ‘amore’ e ‘vita’. E’ stato un percorso lungo e creativo. Ci siamo guardati dentro, con la mente e il cuore rivolti al nostro senso di collettività e a chi non c’è più, con una luce di speranza. Non so quante canzoni ho inciso ma credo che questo album sia uno dei più belli che ho ascoltato in questi anni”, aggiunge.
Nella tracklist spiccano anche due collaborazioni: “Soffio Celeste”, feat. Chiara Bertoni, e “Solo esseri umani’” feat. Enzo Iacchetti. La formazione dei Nomadi è cambiata negli anni con avvicendamenti al microfono del cantante, “ma lo spirito è quello delle origini e Augusto è vivo, anche per i più giovani che non lo hanno conosciuto, ma chiedono di lui”, racconta Carletti, felice della collaborazione con l’attuale cantante del gruppo, Yuri Cilloni, arrivato nel 2017, che era il frontman di una cover band dei Nomadi e ha coronato un grande sogno.
In attesa di poter tornare ai raduni oceanici del tradizionale Nomadincontro di Novellara, tra braccia al cielo, strette di mano, sorrisi, sudore e abbracci, i Nomadi fatto un raduno virtuale la sera di vigilia dell’uscita dell’album, con chi ha fatto il pre order. Si va avanti con i concerti, come la scorsa estate, nei limiti del possibile. Il coprifuoco è un limite per l’attività live.
“Una volta si facevano le matinée danzanti. Potremmo riproporle - esclama Carletti -. Non ci siamo mai fermati e non ci fermeremo. I Nomadi danno lavoro a circa venti famiglie. Facevamo ottanta serate ogni anno, ora ne facciamo pochissime, con il pubblico seduto e distanziato. Hanno le mascherine - conclude - ma ci sorridono con gli occhi”.