Era la sera del primo giugno 1946, mia madre attendeva con anticipazione l’indomani quando sarebbe andata a votare per la prima volta. Domenica 2 e lunedì 3 giugno, tutti i cittadini, comprese le donne, votavano per il Referendum Istituzionale che avrebbe deciso se l’Italia sarebbe stata una nazione monarchica o repubblicana. Non solo era un giorno importante per il futuro dell’Italia, ma anche per le donne italiane che votavano per la prima volta.
“Le schede che ci arrivavano in casa e ci invitavano a compiere il nostro dovere hanno un’autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose del pane”, scrive la giornalista Anna Garofalo nella cronaca di quei giorni. Sebbene le donne avessero già votato nelle elezioni amministrative, era questo un momento straordinario, era un suffragio universale, era l’opportunità di cambiare la condizione di discriminazione femminile.
Mia madre non esitò ad andare a votare sebbene avesse dato alla luce una bambina pochi giorni prima. Spesso raccontava come fosse emozionata quel giorno quando attendeva in fila davanti il seggio elettorale il suo turno per esprimere la sua scelta con il voto. Come lei tantissime donne di tutte le età ed estrazione avevano risposto all’invito; ognuna di loro sentiva fortemente il desiderio di partecipare alla vita politica del Paese. Come gli uomini, anche le donne avevano sofferto la guerra, la dittatura fascista e l’occupazione tedesca. La vita in quel primo dopoguerra era difficile per via dei bombardamenti subiti e del razionamento dei viveri; si sopravviveva più o meno con le tessera annonarie, spesso chiamate ‘le tessera della fame’ (che furono in vigore fino al 1949). Il salario di un operaio era appena 10mila delle vecchie lire, un chilo di pasta era 120 lire e un litro di latte ben 300 lire. Lunghe file d’attesa si formavano già dalla mattina presto davanti ai pochi negozi di generi alimentari, così come davanti ai forni per attendere la distribuzione del pane.
Mia madre, mio padre e tutta la famiglia erano di un solo pensiero: votavano per la Repubblica! Non si lasciarono convincere dal nuovo Re Umberto II, succeduto al padre Vittorio Emanuele III che dopo aver abdicato (9maggio 1946) era andato in esilio ad Alessandria d’Egitto. Subito, Umberto II in un proclama al Paese, promette di rispettare le libere determinazioni dell’imminente suffragio - ma anche fa riferimenti ad “una rinnovata monarchia costituzionale”. Nonostante le promesse monarchiche, le distruzioni e le vittime sofferte durante il conflitto mondiale, uno spirito nuovo permeava la nazione.
Nella popolazione c’è la convinzione che ognuno è libero di seguire la propria vocazione politica e c’è l’aspettativa di un rinnovamento dello Stato insieme al desiderio di costruire una nuova società democratica.
La partecipazione alle urne è massiccia. Votano tredici milioni di donne e dodici milioni di uomini, degli allora 28.005.449 aventi diritto di voto. Agli inizi della conta dei voti, sembrava che la monarchia avrebbe prevalso e la notte del 3 e 4 giugno trascorre ansiosamente per molti. Ma già la mattina del 5 giugno la vittoria repubblicana è data per certa. Il Corriere della Sera giovedì 6 giugno titola “è nata la Repubblica Italiana”. I risultati furono dati dalla Corte di cassazione il 10 giugno 1946: Repubblica voti 12.718.641 (circa il 54,27 per cento delle schede convalidate), Monarchia 10.718.502 (circa il 45,73 per cento). La Stampa di Torino scrive: “è nata l’Italia repubblicana - sottolinenando - la famiglia reale si imbarca per il Portogallo”.
Ma il 2 giugno non è solo la nascita dell’Italia repubblicana, ma è una grande conquista per le donne italiane che non solo votano ma possono anche essere elette. Infatti contemporaneamente al Referendum si vota per l’Assemblea Costituente, i cui eletti avrebbero dovuto redigere la Costituzione. È un momento storico. Finalmente le donne sono considerate cittadine a pieni diritti. Su 566 deputati eletti, 21 sono donne in rappresentanza dei partiti Comunista, Democrazia Cristiana, Socialista, e partito dell’Uomo Qualunque. Le porte del Parlamento si aprono per tutte le donne italiane ed in particolare per: Adele Bei, Bianca Bianchi, Nilde Iotti, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Teresa Mattei, Angelina Merlin, Angiolella Mineri Molinari, Rita Montagnana, Maria Nicotra Verzotto, Teresa Noce, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio.

La prima pagina del Corriere della Sera del 6 giugno 1946
Provenienti da varie parti della penisola, la maggior parte sposate con figli, spesso con esperienze fatte tra le fila della Resistenza, tutte sentono, nonostante la diversità dei partiti di riferimento, l’emozione e la grande responsabilità di rappresentare le istanze delle concittadine e si fanno portavoce delle esigenze di tutte le donne italiane. L’uguaglianza fra i sessi, la tutela delle lavoratrici, le pari opportunità formative e professionali, la tutela della maternità, il sostegno familiare, sono alcune delle richieste fino ad allora inascoltate e che trovano nelle neo elette le loro paladine.
Il 25 giugno 1946 la Costituente si riunisce per la prima volta e sceglie come presidente Giuseppe Saragat. Tre giorni dopo elegge a Capo provvisorio dello Stato, l’onorevole Enrico De Nicola e istituisce inoltre, una Commissione speciale, detta dei 75, incaricata di elaborare la Costituzione, di cui fanno parte 5 delle 21 deputate elette. Ed è proprio Teresa Noce (torinese, sindacalista, giornalista) che offre un importante contributo all’art.3 della Costituzione con l’inserimento della frase: “I cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso”, mettendo le basi per una piena parità di diritti fra uomini e donne.
Il 27 dicembre 1947 viene approvato il testo definitivo della Costituzione della Repubblica Italiana, che entra in vigore il 1 gennaio 1948. La Costituzione è la principale fonte di diritto dello Stato, è composta da 139 articoli e 18 disposizioni transitori e finali. “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” afferma il primo articolo di quelli che sono i dodici principi fondamentali della Costituzione, che esprimono le finalità, le basi e i valori dello Stato. Principi e valori che hanno dato luogo a leggi fondamentali e innovative a cui hanno contribuito non solo “i Padri” ma anche “le Madri” della Costituzione, rendendo possibile nei decenni successivi le conquiste di parità e civiltà che oggi godono tutti i cittadini ed in particolare le donne italiane.