CANBERRA - L’ultimo rapporto compilato da Deloitte Access Economics prevede un deficit di bilancio di 33,5 miliardi di dollari per l’anno finanziario in corso, un peggioramento di 5,2 miliardi di dollari rispetto alle previsioni precedenti.
Secondo gli autori del rapporto, Cathryn Lee e Stephen Smith, il calo dei prezzi globali delle materie prime è la causa principale, portando a una perdita di 18 miliardi di dollari nelle entrate tassabili delle grandi aziende nei prossimi quattro anni.
Per le entrate fiscali sul reddito personale, di contro, viene previsto in aumento di 8,2 miliardi di dollari quale effetto collaterale della persistente inflazione. Il risultato netto sarà comunque negativo, marcando un contrasto deciso rispetto ai miglioramenti del bilancio registrati dalla pandemia.
“La dipendenza dagli aumenti delle entrate non è una strategia fiscale sostenibile”, ha affermato Lee, elogiando il governo per aver risparmiato gran parte delle entrate inaspettate degli ultimi due anni. Tuttavia, ha sottolineato che entrambe le principali forze politiche non hanno rispettato standard di rigore fiscale negli ultimi vent’anni.
Chalmers ha confermato i tagli, osservando che “le pressioni sul bilancio stanno aumentando, non diminuendo”.
Nonostante gli attivi di bilancio consecutivi registrati nel 2022-23 e nel 2023-24, un deficit delle dimensioni previste rappresenterebbe il più ingente ribaltamento di bilancio da un anno all’altro nella storia australiana.
Le spese sono previste in aumento di 11,2 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni, trainate dall’inflazione e da nuovi investimenti, come i 930 milioni per l’assistenza agli anziani e gli 1,3 miliardi per la lotta alla violenza domestica.
Lee si è espressa in termini positivi a riguardo delle riforme sull’assistenza agli anziani e sulla transizione energetica, ma ha avvertito che riforme strutturali più profonde sono state trascurate per decenni, lasciando l’economia australiana priva di competitività e di dinamismo.
Infine, Smith ha dichiarato che l’elezione di Donald Trump potrebbe incrementare le pressioni globali sul bilancio federale, poiché eventuali dazi imposti alla Cina potrebbero ridurre la domanda di minerale di ferro e di altre esportazioni, e di conseguenza limitare ulteriormente le entrate fiscali delle imprese.