BRASILIA – La minaccia del ritorno dei dazi statunitensi sulle esportazioni brasiliane, annunciata dall’ex presidente Donald Trump in una lettera ufficiale, con entrata in vigore prevista per il 1° agosto, ha provocato una vera e propria scossa in Brasile, generando una nuova spaccatura politica e un allarme economico generalizzato.
Nel frattempo, dalla Casa Bianca è arrivata una dichiarazione che ha ulteriormente alzato la tensione.
Kevin Hassett, direttore del Consiglio Nazionale dell’Economia (NEC), ha spiegato che la decisione sui dazi a Brasile è “una risposta diretta alla frustrazione del presidente Trump per l’atteggiamento del governo Bolsonaro e il suo processo per tentato golpe”. Un messaggio chiaro che ribalta il peso delle responsabilità su Bolsonaro, mettendolo in difficoltà anche tra i suoi alleati economici.
Uno scontro che rimescola le alleanze... Questa volta, la divisione non corre più lungo le linee tradizionali tra bolsonaristi e sostenitori del Partito dei Lavoratori.
Il settore agroindustriale, storicamente vicino a Jair Bolsonaro, ha apertamente criticato le misure di Trump, mentre il governo si è affrettato a organizzare una risposta istituzionale, coinvolgendo ministri, Banca Centrale e Senato in una lunga riunione di emergenza al Palazzo dell’Alvorada.
Il presidente Lula ha accusato Bolsonaro di aver inviato il figlio negli Stati Uniti per chiedere personalmente a Trump un intervento contro il governo, arrivando a insinuare che i dazi siano stati una forma di pressione politica orchestrata. Bolsonaro ha risposto via social attaccando duramente Lula, rifiutando ogni accusa.
Dichiarazioni incrociate che alimentano il clima già teso, ma che non hanno impedito a Lula di lanciare un messaggio di unità nazionale. Lo slogan “Il Brasile è dei brasiliani”, lanciato in questi giorni, sembra trovare eco anche tra settori tradizionalmente ostili al PT, al punto che alcuni analisti parlano di un possibile recupero della popolarità di Lula in vista delle presidenziali del 2026.
Durante la riunione straordinaria di domenica, il vicepresidente Geraldo Alckmin ha espresso chiaramente la posizione dell’esecutivo: “Questa tariffa non ha senso. Danneggia anche il consumatore statunitense. Valuteremo un ricorso all’OMC”. Lula aveva già anticipato questa possibilità nei giorni scorsi.
Le ripercussioni economiche potrebbero essere serie. Gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale del Brasile, dopo la Cina. Nel 2024, il Brasile ha esportato verso gli USA merci per oltre 40,3 miliardi di dollari e ne ha importate per 40,6 miliardi.
I settori più colpiti dai possibili nuovi dazi al 50% sarebbero il petrolio, la carne bovina, il caffè, il succo d’arancia e soprattutto l’industria aeronautica: la Embraer, gigante brasiliano degli aerei, ha già visto le sue azioni perdere oltre il 3% giovedì scorso.
Con l’agosto alle porte, il governo Lula si trova ora a dover gestire un doppio fronte: difendere l’economia nazionale e, allo stesso tempo, trasformare questa crisi in un’opportunità politica per consolidare un fronte interno trasversale.