PARIGI - È partito l’8 settembre dal Passo del Mortirolo il nuovo viaggio di Giovanni Bloisi, conosciuto da anni come il “Ciclista della Memoria”. Un percorso che lo porterà, a ritmo lento e silenzioso, attraverso l’Europa centrale, fino a Bruxelles, tappa finale prevista per il 29 settembre.
L’iniziativa, che prende il nome di Memorial Bike Tour 1945 – 2025, è sostenuta dall’Ecomuseo della Resistenza in Mortirolo, da We are European People e dalla Fondazione Europea Cefalonia-Corfù 1941/1944, con il contributo di numerose sezioni dell’ANPI in Italia e all’estero, tra cui quella di Parigi, e ha come obiettivo quello di riaffermare l’idea di un’Europa unita nei valori comuni della Resistenza e del Manifesto di Ventotene.
Bloisi, originario della Basilicata, ha alle spalle una storia che spiega bene la tenacia con cui porta avanti la sua missione. “Sono arrivato al Nord con la valigia di cartone e ho conosciuto la discriminazione – racconta. – Da ragazzino ho partecipato alle lotte operaie e ai movimenti per i diritti. È lì che si è radicato in me un senso profondo di resistenza”.
Oggi, quel percorso personale si traduce in un impegno civile che ha come strumento proprio la bicicletta. La scelta, tuttavia, non è stata programmata. “In realtà viaggiavo a piedi, come escursionista. Volevo andare a Mauthausen e pensavo di farlo camminando. Fu un amico a suggerirmi la bici: mi disse che avrei potuto ottimizzare i tempi. Da allora ho capito che la bicicletta era, in realtà, oltre che un eccellente mezzo di trasporto, anche uno straordinario strumento di comunicazione”.
E quel soprannome, invece? No, l’appellativo di Ciclista della Memoria non se lo è attribuito da solo: “Io viaggiavo per me stesso, per capire meglio la storia e onorare i morti. Poi un giornalista mi ha notato e mi ha chiamato così. Il nome è rimasto”.
Dal 2008, Bloisi compie viaggi sempre più ampi, toccando i luoghi simbolo del Novecento europeo, dalla Russia ai Balcani, dai campi di sterminio ai paesi colpiti dalle stragi naziste. A ogni tappa, porta con sé un bagaglio di incontri che diventano memoria viva. “Una volta in Russia una signora mi intonò una canzone. Era quella che un soldato italiano le aveva cantato mentre tornava a casa. Poche ore dopo, fu fucilato. Quelle note racchiudevano una storia intera”.
Il Memorial Bike Tour 1945-2025 si inserisce nel solco di questa lunga esperienza. L’anno scorso il viaggio da Ventotene al Mortirolo aveva celebrato le radici dell’Unione Europea. Quest’anno il filo conduttore lega insieme il progetto europeo e la memoria della Resistenza. “Andrò a St. Radenwood, dove un contadino si rifiutò di arruolarsi con Hitler, e a Monaco, nei luoghi della Rosa Bianca e dei fratelli Scholl. L’obiettivo è coinvolgere i giovani e trasmettere loro l’idea di popolo europeo”.
Le condizioni del viaggio non sono mai scontate: tra accoglienza delle sezioni ANPI e di altre associazioni, ostelli, accampamento improvvisati, maltempo e percorsi interrotti, Bloisi si muove adattandosi alle circostanze. “Ieri, ad esempio, al Brennero c’era nebbia fitta, impossibile proseguire in bici. Ho preso il treno. L’importante è andare avanti, senza forzare la strada quando non si può”.
Ma è proprio la lentezza, la capacità di fermarsi e osservare, a costituire il senso del suo itinerare. “Stamattina ho incontrato un gruppo di bambini in bicicletta, con due insegnanti. Hanno visto la mia bici e si sono incuriositi. Ho dato loro i documenti che porto con me, per spiegare il senso del viaggio. Viaggiare lentamente significa questo: ascoltare e lasciare che siano gli incontri a dare significato al percorso”.
Il coinvolgimento dei ragazzi resta la parte più importante. Quest’anno, lungo la strada, se ne sono uniti già quaranta, e a Bruxelles saranno in settanta. “Molti mi conoscono e portano avanti un progetto legato al viaggio. A Parigi incontrerò una scuola italiana, a Monaco un’altra: so già che hanno domande e richieste precise. È proprio questo il bello, il dialogo con loro. L’obiettivo – conclude Bloisi – è continuare, non fermarsi qui. Ogni anno vogliamo coinvolgere sempre più giovani, perché sono loro che possono dare futuro alla memoria”.