SANTIAGO - Il governo cileno ha annunciato il ritiro del personale militare dalla sua ambasciata in Israele, una decisione che intensifica le tensioni diplomatiche tra i due paesi.  

Questa mossa è stata motivata dalla “gravissima situazione umanitaria” nella Striscia di Gaza e dalle azioni militari israeliane considerate “sproporzionate e indiscriminate”. 

Il presidente Gabriel Boric ha espresso forti critiche nei confronti delle operazioni militari a Gaza, accusando Israele di violare il diritto internazionale e di ostacolare l’ingresso di aiuti umanitari.  

In passato, il governo cileno aveva già mostrato segnali di distanziamento, come l’esclusione di aziende israeliane dalla Fiera internazionale dell’aria e dello spazio (Fidae) nel 2024. 

La decisione di ritirare il personale militare arriva pochi giorni prima della Cuenta Pública, prevista per il 1º giugno, il discorso annuale in cui il presidente della Repubblica rende conto di tutte le azioni compiute dal suo governo durante l’anno precedente. Questa concomitanza alimenta speculazioni su una possibile rottura totale delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi.

Tuttavia, il ministro degli Interni, Álvaro Elizalde, ha evitato di confermare tale possibilità, sottolineando che l’ambasciatore cileno a Tel Aviv era già stato richiamato nel 2023 per consultazioni. Anche il ministro degli Esteri, Alberto Van Klaveren, ha confermato durante l’annuncio che il governo cileno mantendrà le relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele. 

La comunità ebraica in Cile ha criticato la decisione del governo, definendola ideologizzata e dannosa per gli interessi strategici del paese. Il Cile ospita la più grande comunità di origine palestinese al di fuori del mondo arabo, il che aggiunge complessità al dibattito.