ROMA - Il rischio concreto è che la magistratura esca da questo disastro colpita in modo irreparabile. Tanto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è costretto a intervenire e chiedere un plenum d’urgenza del Consiglio superiore della magistratura.
La crisi senza precedenti è scatenata dall’inchiesta sul pm di Roma Luca Palamara, membro del Csm e leader di fatto della corrente centrista Unicost, che è indagato a Perugia per corruzione a opera dell’imprenditore Fabrizio Centofanti e degli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore. L’accusa, tra le altre, è quella di aver pilotato nomine di magistrati, contrattate attraverso incontri con la politica e il mondo dell’imprenditoria, coinvolgendo altri colleghi e parlamentari del Partito Democratico come Luca Lotti, braccio destro di Matteo Renzi e indagato nell’inchiesta Consip e Cosimo Ferri anche lui ex magistrato. Le toghe coinvolte, parte anch’esse del Csm, negli scorsi giorni si sono dimesse o autosospese dal Consiglio, creando il caos all’interno dell’organo di autogoverno dei giudici che ora rischia persino lo scioglimento. In una riunione a porte chiuse svoltasi lunedì scorso il Csm ha preso visione dei riscontri raccolti dai magistrati di Perugia che indagano su Palamara, ma anche sul pm romano Stefano Rocco Fava e sul magistrato Luigi Spina accusati di rivelazione di segreto e favoreggiamento.
Martedì, per recuperare una situazione arrivata ormai a livelli drammatici, il presidente della Repubblica, che è capo del Csm, ha imposto un plenum straordinario, dove invece che la temuta resa dei conti tra le correnti, si è arrivati a una sostanziale tregua, siglata attraverso un documento unitario che condanna fermamente l’ingerenza della politica nella magistratura. Il vicepresidente David Ermini, amico di Luca Lotti ed esso stesso ex parlamentare del Pd renziano, ha dovuto gestire una situazione molto difficile, giocando, si dice, un ruolo decisivo nel passo indietro di tutti i magistrati che sono stati registrati mentre incontravano proprio Luca Lotti per parlare di nomine alle Procure.
Sotto l’egida del capo dello Stato, Ermini ha dunque preso una posizione in modo netto, pronunciando frasi gravissime su quanto accaduto: “Gli eventi di questi giorni sono una ferita profonda e dolorosa alla magistratura e al Consiglio superiore - ha affermato -. L’associazionismo giudiziario è stato un potente fattore di cambiamento e di democratizzazione della magistratura. E ancora oggi svolge un ruolo prezioso. Ma consentitemi di dire che nulla di tutto ciò vedo nelle degenerazioni correntizie, nei giochi di potere e nei traffici venali di cui purtroppo evidente traccia è nelle cronache di questi giorni. E dico che nulla di tutto ciò dovrà in futuro macchiare l’operato del Csm”. “Siamo di fronte a un passaggio delicato - conclude -: o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti”.
Molto pesanti anche le considerazioni degli altri magistrati presenti, tra cui le più gravi sono quelle di Giuseppe Cascini, capogruppo di Area, che evoca i tempi della P2: “L’attacco al sistema che viene da centri di potere occulti che operano fuori dell’istituzione - dice - è stato possibile solo a causa dell’indebolimento del ruolo del Consiglio, incapace di resistere alle tante pressioni, interne ed esterne”.
Alla fine, come si legge nel documento condiviso, “la vicenda” di questi giorni “chiama in causa tutti”, imponendo “un serio, profondo, radicale percorso di revisione critica e autocritica, di riforma e autoriforma dell’autogoverno, dei metodi di selezione delle rappresentanze, dell’etica della funzione”.