LONDRA - Media britannici e internazionali hanno immediatamente paragonato le conseguenze del fallimento di Thomas Cook, il più antico tour operator del mondo, al piano organizzato dal governo britannico durante la Seconda guerra mondiale, quella famosa ‘Operazione Dynamo’ nel corso della quale vennero rimpatriati, in nove giorni, più di trecentomila soldati delle truppe inglesi e francesi, rimasti isolati via terra nella battaglia di Dunkerque.
Nessuna operazione legata ad avvenimenti bellici questa volta ma un’altrettanto tragica occasione per le finanze dei sudditi del Regno Unito: il collasso della storica agenzia viaggi britannica, infatti, ha lasciato in giro per il mondo, tra i circa seicentomila clienti in vacanza con pacchetti di viaggio e aerei della compagnia, anche centosessantamila turisti inglesi. 
Per la Gran Bretagna si tratta del più grosso rimpatrio in tempo di pace, con un costo, tra rimpatri e risarcimenti-rimborsi, che già si stima potrebbe essere intorno ai seicento milioni di sterline.
L’azienda, con alle spalle ben 178 anni di storia, in un comunicato ha fatto sapere che, “nonostante i suoi considerevoli sforzi” non è riuscita a trovare un accordo tra gli azionisti e gli investitori. “Il board delle compagnia – si legge nella nota – non ha quindi avuto altra scelta che avviare i passi necessari per entrare in bancarotta con effetto immediato”.
Il collasso di Thomas Cook – il cui principale azionista è la cinese Fosun Tourism Group – ovviamente mette in grave difficoltà non esclusivamente i turisti e i viaggiatori ma soprattutto i ventiduemila dipendenti, di cui novemila solo in Gran Bretagna. Sul tema è intervenuto il primo ministro britannico Boris Johnson, che ha precisato che un salvataggio da parte dello Stato costituirebbe un “rischio” perché altre aziende potrebbero aspettarsi lo stesso trattamento in futuro. Secondo il premier, “bisogna studiare in che modo gli operatori turistici in modo o nell’altro possano proteggersi da simili casi di bancarotta in futuro”.
Nelle scorse settimane i creditori avevano chiesto al tour operator britannico di trovare duecento milioni di sterline di finanziamenti aggiuntivi per un piano di salvataggio già accettato di novecento milioni di sterline e condotto da Fosun. 
La lunga maratona di discussioni si è svolta per tutto il precedente fine settimana, ma senza giungere ad alcun accordo.
Da lì, la dichiarazione di bancarotta della società. “Fosun conferma che la sua posizione è rimasta invariata durante tutto il processo, ma sfortunatamente altri fattori sono cambiati”, ha affermato senza ulteriori dettagli il gruppo cinese che, tra l’altro, è anche proprietario di Club Med. “Esprimiamo la nostra più profonda vicinanza a tutti coloro che sono interessati da questo problema”, ha detto ancora Fosun. 
Thomas Cook è andato in forte crisi negli ultimi anni soprattutto per la forte concorrenza dei siti web di viaggi economici e per la riluttanza dei turisti, preoccupati dalla Brexit. 
Il tour operator aveva già annunciato un’abbondante perdita di 1,5 miliardi di sterline nel primo semestre, su un fatturato di circa 10 miliardi.