ROMA - Il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti in smart working: lo ha affermato il Garante privacy nel comminare una sanzione di 50mila euro a un’azienda che rilevava la posizione geografica di circa cento dipendenti durante l’attività lavorativa svolta da remoto.
Numerose le violazioni riscontrate dal Garante, intervenuto a seguito di un reclamo di una dipendente e di una specifica segnalazione da parte dell’Ispettorato della Funzione Pubblica.
Dall’istruttoria è emerso che l’azienda effettuava un monitoraggio dei propri dipendenti per verificare l’esatta corrispondenza tra la posizione geografica in cui si trovavano e l’indirizzo dichiarato nell’accordo individuale di smart working, anche in base a specifiche procedure di controllo mirato.
In particolare, in base a tali procedure, il personale veniva contattato telefonicamente dall’Ufficio controlli con la richiesta di attivare la geolocalizzazione del pc o dello smartphone, effettuando una timbratura con un’apposita applicazione, e di dichiarare subito dopo, tramite un’e-mail, il luogo in cui in quel preciso momento si trovava fisicamente.
A tale richiesta, seguivano poi le verifiche e gli eventuali procedimenti disciplinari. Il tutto “in assenza di un’idonea base giuridica e di un’adeguata informativa, oltre alle conseguenti interferenze nella vita privata dei dipendenti e a numerose altre violazioni del Regolamento europeo e del Codice”.