La scena, realizzata nella seconda metà del Quattrocento, ha avuto almeno 9 attribuzioni in meno di un secolo e studi approfonditi rivelano che è stata rimaneggiata, oltre che tagliata. I bordi orizzontali della tavola fanno intendere che le dimensioni originali fossero maggiori: la statua che sovrasta l’elegante fontana risulta tranciata e la rappresentazione delle figure ritratte per tre quarti sono molto rare in epoca rinascimentale. Il dipinto, forse parte di una serie, era con tutta probabilità un elemento decorativo di una sala di un palazzo nobiliare, come sottolinea in un saggio il restauratore John Payne della NGV, che ha studiato l’opera per decenni.
Il soggetto è un gruppo di nobili riccamente vestiti che si dilettano in un giardino “segreto”, al riparo da alte piante di rose bianche e cremisi. Accanto alla dama in procinto di bendare un giovane, una sesta figura è stata cancellata. Dal alto opposto della fontana, una fanciulla invece riempie una siringa d’acqua: alle sue spalle una coppia sta osservando la scena con un misterioso animale. L’atmosfera languida e frivola lascia libera interpretazione allo spettatore che può fantasticare su quanto sta per accadere.
L’autore dell’opera è il Maestro delle Storie di Elena, un artista italiano legato alla bottega di Antonio Vivarini, a cui è stata attribuita una serie di tavole esposte a Baltimora. Contemporanei dei Bellini, i Vivarini erano una famiglia di vetrai, originari di Padova e trasferitisi a Murano, che poi si dedicarono alla pittura. Antonio è considerato un artista importante della transizione tra arte gotica e rinascimentale e la tela della NGV incarna questo stile.