ROMA - Una lista di “Paesi sicuri” “non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità” di tale “designazione con il diritto dell’Unione Europea” e “in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani” che “investono le libertà di un ordinamento democratico”.
Lo ha scritto il Tribunale di Catania nel provvedimento con cui non ha convalidato il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di un migrante arrivato dall’Egitto, che a Pozzallo ha chiesto lo status di rifugiato. “è la prima pronuncia di questo tipo dopo il decreto legge sui Paesi sicuri”, ha commentato il legale del migrante, l’avvocatessa Rosa Emanuela Lo Faro. 

Nel provvedimento il giudice ha dichiarato “irrilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata dal richiedente protezione” e “non convalida il provvedimento del Questore ragusano con il quale è stato disposto di trattenimento” del migrante. La decisione è del presidente della sezione Immigrazione del Tribunale catanese, Massimo Escher, che ha sottolineato la necessità, nel valutare il trattenimento, di esaminare la qualifica data all’Egitto, con il decreto legge del 23 ottobre 2024, che lo include “in una lista che non prevede alcuna eccezione, né per aree territoriali né per caratteristiche personali”. 

Per il Tribunale questa “qualificazione non esime il giudice dall’obbligo di verifica della compatibilità della designazione con il diritto dell’Unione Europea, obbligo affermato in modo chiaro e senza riserve dalla Corte di giustizia europea nella sentenza della Gran Camera del 4 ottobre 2024”. E l’Egitto, secondo il giudice, non è un Paese che abbia questi requisiti. “In Egitto - ha scritto il presidente Escher - esistono gravi violazioni di diritti umani che, in contrasto con il diritto europeo citato, persistono in maniera generale e costante e investono non soltanto ampie e indefinite categorie di persone (come dimostra l’inserimento tra le eccezioni della categoria dei ‘difensori dei diritti umani’, che individua l’esistenza di violazioni dei diritti di soggetti che agiscono per la stessa tutela dei diritti dell’uomo) ma anche il nucleo delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico e che dovrebbero costituire la cornice di riferimento in sui ci inserisce la nozione di Paese sicuro secondo la direttiva europea”. “Il presidente Escher - ha osservato l’avvocatessa Lo Faro - ha spiegato che il decreto non va applicato perché l’Egitto non è un Paese sicuro per svariati motivi derivanti dalle schede per la determinazione del ministero degli Esteri, e, ancora una volta, afferma che in Italia il diritto di asilo è previsto dall’articolo 10 della Costituzione e nessuna legge ordinaria lo può scalfire”. 

Intanto, lo scontro dei magistrati con il governo torna al punto di partenza, ma stavolta la corrente di destra del Csm è spaccata. “I giudici alle prese con i provvedimenti attuali e futuri sui migranti vanno tutelati; c’è chi prova a condizionarli”. I componenti togati del Consiglio, esclusi tre membri, hanno depositato la richiesta d’apertura di una pratica urgente a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia del collegio giudicante del Tribunale di Bologna che alcuni giorni fa aveva rinviato alla Corte di giustizia europea il recente decreto del governo sui “Paesi sicuri”. Secondo la richiesta quel provvedimento era stato poi “oggetto di dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali” e la “situazione determina una inaccettabile pressione sui giudici” e “un obiettivo condizionamento per quelli che in futuro si dovranno occupare delle medesime questioni; essa, pertanto, vulnera l’indipendenza dell’intera magistratura”.

Parole che arrivano pochi giorni dopo le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, la quale aveva definito le argomentazioni dei giudici bolognesi più vicine a “un volantino propagandistico che a un atto da tribunale”. Ma su sette togati di Magistratura Indipendente, in tre non hanno aderito alla richiesta dei togati del Csm, formulandone un’altra in cui chiedono di “garantire una tutela piena dell’indipendenza della giurisdizione e della intangibilità della vita privata di ciascun magistrato, al di là di qualsiasi strumentalizzazione e contrapposizione di tipo politico”. Il riferimento in questo caso è esclusivamente nei confronti del solo Marco Gattuso, presidente della sezione immigrazione del Tribunale di Bologna, finito nella bufera mediatica. Lo stesso Gattuso, rivolgendosi in una missiva all’Anm, la quale ha tenuto un’assemblea straordinaria in segno di solidarietà proprio con i giudici bolognesi, ha parlato del “tentativo di trasferire l’attenzione per un provvedimento giurisdizionale, che può essere sempre oggetto di critica, ai giudici che l’hanno firmato, con un oggettivo effetto intimidatorio di condizionamento nei confronti della magistratura”.