BAKU - Le autorità della non riconosciuta Repubblica del Nagorno-Karabakh hanno presentato una nota all’Osce chiedendo il riconoscimento dell’indipendenza del Karabakh.

“La nota del ministero degli Esteri di Artsakh [il nome armeno del Nagorno-Karabakh] che dichiara la necessità del riconoscimento dell’indipendenza è stata fatta circolare all’Osce. Chiediamo alla comunità internazionale di riconoscere l’indipendenza della Repubblica di Artsakh per garantire il diritto dei cittadini alla vita e allo sviluppo pacifico”.

Le autorità azere hanno invece sollecitato la “comunità internazionale” a riconoscere un ruolo di mediazione alla Turchia, “un Paese forte, che possiede un grande potenziale sull’arena mondiale”, e che, per inciso si è immediatamente detta pronta a sostenere militarmente l’Azerbaigian sin dalla ripresa degli sconti con l’Armenia sull’enclave separatista.

A questo proposito, la Nato è “profondamente preoccupata dall’escalation delle ostilità” tra Armenia e Azerbaigian in Nagorno-Karabakh e chiede alla Turchia di usare la sua “considerevole influenza” su Baku “per calmare le tensioni” in Caucaso, come ha detto il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg in una conferenza stampa ad Ankara con il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu.

Sul piano militare, dopo una settimana di intensi combattimenti, non si intravede una soluzione al conflitto tra Armenia e Azerbaigian, che non sembrano neppure disposti a discutere un cessate il fuoco. Le sirene d’allarme hanno suonato ancora a Stepanakert, capitale dell’enclave separatista armena situata a 50 miglia dalla linea del fronte: dopo i colpi venerdì dell’artiglieria pesante, un nuovo attacco, questa volta con razzi, ha causato danni alla città.

E gli scontri sono andati avanti anche lungo la maggior parte della zona transfrontaliera nel Nagorno Karabakh. Ma non è chiara la distinzione tra propaganda e verità sul campo perché Baku ed Erevan hanno entrambi dato aggiornamenti parlando dei loro successi.

Nel tentativo di attirare l’attenzione sul conflitto, le autorità di Stepanakert hanno oggi invitato la comunità internazionale a riconoscere la loro indipendenza per porre fine alla guerra: secondo il ministero degli Esteri della repubblica non riconosciuto a livello internazionale, “nelle condizioni attuali, il riconoscimento dell’Artsakh è l’unico meccanismo esistente per ripristinare la pace e la sicurezza nella regione”.

Di certo, in un conflitto ancora molto nebuloso, ci sono le parole del presidente del territorio separatista, Arayik Harutyunian, che, vestito con un’uniforme militare, ha detto ai giornalisti di aver iniziato “l’ultima battaglia” per il Nagorno Karabakh.

Meno chiaro il numero delle vittime: secondo il Nagorno-Karabakh, hanno perso la vita 51 soldati armeni, 202 in totale dall’inizio degli scontri, mentre l’Azerbaigian mantiene segreto il bilancio dei morti. Inoltre nessuna delle due parti invece sembra intenzionata a rinunciare a una briciola delle proprie posizioni: sebbene abbiano accennato alla possibilità di riprendere i negoziati, le condizioni che hanno posto sono inaccettabili.

Il presidente azero, Ilham Aliev, ha assicurato che “è sempre pronto al dialogo”, ma ha sottolineato che la pazienza di Baku è finita: “Non abbiamo tempo per aspettare altri trent’anni. Il conflitto deve essere risolto ora”, ha detto, accusando di inazione il Gruppo di Minsk dell’Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), composto da Russia, Stati Uniti e Francia; e ha esortato “chi vuole aiutare l’Armenia, a dirle di lasciare i territori occupati”.

La risposta del primo ministro armeno, Nikol Pashinian, non si è fatta attendere: secondo lui, finché le armi risuonano, non c’è dialogo possibile.