Oggigiorno siamo tempestati di film e serie tv dove i protagonisti sono supereroi da poteri irreali, che salvano il mondo – almeno quello immaginario del cinema – senza chiedere nulla in cambio, se non di pagare un biglietto al cinema.

Ma quando si esce dalla sala, quando si ritorna alla nostra vita, ci si dimentica spesso che gli eroi, quelli veri, non indossano mantelli o maschere, non fanno gli spacconi con battute hollywoodiane a effetto. Stiamo parlando dei professionisti, scienziati, ricercatori e ingegneri che lavorano alacremente su progetti che cambiano realmente le nostre vite, grazie alle incredibili innovazioni nella biochimica, nella farmacologia, ma anche nel calcolo computazionale.

Il protagonista di questa storia è un ragazzo italiano che di mantelli non ne indossa, ma che il mondo lo sta cambiando per davvero, e in meglio. Giuseppe Barca, ricercatore di Avellino, laureato presso l’Università di Salerno nel 2012, ha trovato campo fertile per la sua voglia di fare non appena ha lasciato l’Italia, approdando prima a Canberra nel 2014, poi negli Stati Uniti nel 2018, e infine a Melbourne, dove attualmente risiede e insegna presso la University of Melbourne. Il suo percorso, “molto articolato” come lo definisce lui, lo ha portato non solo a divenire un leader mondiale nel suo campo, ma anche a vincere con il suo team, composto da collaboratori australiani e americani, il “Nobel” del calcolo ad alte prestazioni, ovvero il Gordon Bell Prize 2024. Questo riconoscimento di valore immenso ha premiato il duro lavoro, che Giuseppe Barca ha condotto con il suo gruppo di ricercatori, dal titolo ‘Superamento delle barriere di un milioni di elettroni’.

Istituito nel 1987 e finanziato dal pioniere statunitense del calcolo parallelo e ad alte prestazioni, il Gordon Bell Prize ha riconosciuto lo sviluppo da parte del team australiano della prima simulazione quantistica accurata di sistemi biologici alla scala necessaria per modellare con precisione le prestazioni dei farmaci. E questo premio sancisce un momento eccezionale non solo per Giuseppe, ma per la vita di tutti noi. Il software protagonista delle sue ricerche consentirà di sviluppare nuovi farmaci in modo più rapido ed economico, anche per malattie che finora sono state troppo difficili da trattare.

Solo chi ha una visione d’insieme che si distacca dalla ricerca del successo immediato può abbattere tali barriere, e sin da subito Giuseppe Barca attraversa l’intervista spiegando come abbia sempre cercato di andare oltre, dando l’impressione di voler continuamente trovare soluzioni nel lungo periodo, che siano effettive e pratiche sia per i produttori di farmaci sia per gli utenti. “[Non dimentichiamo che] sviluppare farmaci costa miliardi di dollari e sono ricerche che possono richiedere tra i 10 e 15 anni, e solo il 13,8% dei farmaci hanno successo”, spiega il professor Barca.

Il suo percorso incredibile inizia però in Italia: “Durante gli anni di studi in Italia, che mi hanno portato poi a un master in Ingegneria chimica, già mi ero specializzato in programmi informatici che simulassero quello che avveniva nei reattori chimici”, spiega Giuseppe Barca, che però cercava di più. “A livello ingegneristico non ero soddisfatto, dato che la materia di per sé non studia cosa avviene a livello fondamentale, fornendo solo modelli teorici. Così mi sono addentrato nella meccanica quantistica, da autodidatta. Da lì poi, è iniziata una lunga corrispondenza con Leo Radom, un professore tra i primi tre al mondo nel campo, che mi ha indirizzato a Canberra dove ho conseguito il dottorato con il professore Peter Gill sugli approcci computazionali per la meccanica quantistica applicata a problemi molecolari. In parole semplici, ho studiato e predetto come si comporta la materia a livello molecolare”.

Un percorso, il suo, che sembra proiettato verso obiettivi importantissimi già da allora e che necessita di una forte visione: “La mia filosofia è che dopo sessant’anni di teorie che oramai sono chiare, bisognava lavorare sulla parte computazionale, accelerando i calcoli per predire il comportamento della materia in ampia scala. E se facciamo gli esperimenti, o simulazioni, a livello quantistico, possiamo mantenere un livello di accuratezza e precisione che è pari ai risultati derivanti dagli esperimenti fisici”, spiega Giuseppe specificando come si risparmino tempo e soldi utilizzando questi supercomputer con le simulazioni ad ampia scala, cosa che la tecnologia contemporanea sta rendendo più che possibile. 

Poi, gli Stati Uniti, dove il suo studio si espande quindi sul campo computazionale, e dove progetta i software per i nuovi algoritmi per applicazioni chimiche che il governo americano aveva commissionato: “Nell’arco degli anni abbiamo spinto queste capacità di simulazione a un livello che non era possibile prima, ottenendo ben quattro record mondiali per la quantità di atomi studiati, la velocità e l’efficienza dei calcoli”. Questi studi hanno creato simulazioni in grado di capire se un farmaco possa funzionare o meno, ben prima degli esperimenti nel mondo reale”.

“Siamo andati da velocità molto lente direttamente a velocità di calcolo molto alte. Questo cambiamento è necessario perché eravamo incastrati in una situazione dove era difficile creare nuove terapie per malattie poco curabili o incurabili”, spiega un emozionato Giuseppe, oggi professore associato alla University of Melbourne, che ha esportato l’eccellenza, attraverso la sua ambizione che potenzialmente potrebbe portare le case farmaceutiche ad approcciare malattie finora incurabili con decisione e sicurezza.

In conclusione, il professor Barca ha portato il genio italiano nel mondo, non senza i tanti ostacoli che spesso la nostra amata Italia ci pone quando si vuol andar alla base dei problemi. Ma come spesso capita, l’intraprendenza, il coraggio e la forza delle proprie idee, uscendo dalla zona di comfort, paga con risultati di livello globale.