New York, 1945. Vito Corleone, immigrato siciliano, è padrino della famiglia Corleone. È diventato, dopo anni di crimine, principalmente nell’organizzazione del gioco d’azzardo illegale e nei racket sindacali, il più potente tra i cinque capi-mafia italo-americani della città. La sua organizzazione gestisce un enorme giro d’affari illegali. Coinvolge: l’iracondo primogenito Santino, detto Sonny; Fredo, secondogenito ingenuo e poco intelligente; il figliastro Tom Hagen, brillante avvocato divenuto “consigliere”, cioè braccio destro del capo. Il suo potere non si basa solo sulla violenza, ma anche e soprattutto sull’”amicizia”. Il Capo elargisce “amicizia” a chi gli chiede favori e in cambio pretende devozione e riconoscenza assoluta. Egli ha così creato, negli anni, una rete di conoscenze e protezioni nel mondo cosiddetto “legale”. Dopo il fastoso matrimonio “alla siciliana” della figlia Connie, Corleone riceve Virgil Sollozzo, un pericoloso criminale dedito al traffico di droga chiamato “Il Turco”, affiliato al clan Tattaglia, una delle cinque famiglie newyorkesi, che gli chiede protezione e l’appoggio finanziario di un milione di dollari per impiantare un traffico di stupefacenti di vasta portata. Il boss rifiuta il proprio appoggio al nascente affare della droga, nonostante il parere favorevole di Santino e di Tom. Scoppia così tra le famiglie una terribile e sanguinaria guerra fatta di reciproci attentati ai principali capi e rappresentanti. Quando viene a sapere che il padre è in pericolo di vita a seguito di un attentato, Michael Corleone, decorato della seconda guerra mondiale e unico figlio di don Vito a non essere stato sino ad allora coinvolto negli affari criminali della famiglia, convince il fratello Santino, che ha preso momentaneamente il comando, a farlo incontrare a una cena con Sollozzo per ucciderlo, tendendogli un tranello durante l’incontro per trattare una tregua. Michael affronta così il trafficante di droga e il capitano di polizia corrotto che lo scorta, uccidendoli in un ristorante del Bronx. Per evitare di essere arrestato o ucciso, il giovane lascia quindi gli Stati Uniti e si rifugia in Sicilia.. 

Il 15 marzo saranno passati cinquant’anni dall’apparizione sugli schermi de “Il Padrino”, leggendario film di Francis Ford Coppol. Tratto dal libro omonimo di Mario Puzo, immediatamente acquistato dalla Paramount per il cinema, rischiava di rimanere senza un regista. Sergio Leone rifiutò per girare “C’era una volta in America”, Sam Peckinpah litigò con la produzione per la sua visione western del racconto, Peter Bogdanovich, Elia Kazan e perfino il veterano del gangster movie Arthur Penn si tirarono indietro. La scelta alla fine cadde su Coppola, che prima rifiutò e poi accettò l’incarico, ma a condizione di poter contare su Marlon Brando e Al Pacino, entrambi bocciati inizialmente dalla Paramount. Nonostante sforamenti di budget e aspri compromessi, furono tagliati 40 minuti di girato, si arrivò alla “prima”, celebrata con grande fasto mediatico a New York, con tutta Hollywood schierata insieme al cast, ad eccezione di Brando che era a Parigi con Bernardo Bertolucci.

Cinquant’anni dopo, con la supervisione del regista, il film torna in sala in tutto il mondo, dopo un maniacale restauro costato circa 5.000 ore di laboratorio e la revisione di ogni singolo fotogramma. Parte del cast si è riunito a Hollywood per la prima, ancora una volta. “Sono molto orgoglioso de ‘Il Padrino’, che ha certamente definito la prima parte della mia vita creativa, - ha detto Coppola -. In questo tributo per il cinquantesimo anniversario, è gratificante celebrare questa pietra miliare con la Paramount insieme ai fan che hanno amato il film, alle giovani generazioni che lo trovano ancora attuale e a coloro che lo scopriranno per la prima volta”.

In pochi mesi dall’uscita, il film batteva cinquant’anni fa anche il record d’incassi di “Via col vento” e nel tempo avrebbe guadagnato quasi 300 milioni di dollari portando a casa nove candidature all’Oscar e le statuette più prestigiose per il miglior film, il miglior attore e la migliore sceneggiatura. Se per Coppola fu la gloria, il marchio di Don Vito Corleone divenne per lui anche un’ossessione: fu naturale svilupparne una seconda parte, di analogo successo (con sei Oscar su 11 nomination) nel giro di due anni. Nel 1990 apparve sugli schermi una terza parte e solo la morte dello scrittore spinse Coppola ad abbandonare un quarto e ultimo capitolo.Negli anni però il regista è tornato più e più volte alla sua creatura, con restauri, recuperi di scene tagliate, aggiustamenti progressivi.

In preparazione del cinquantesimo anniversario dell’uscita originale del primo film, la Paramount e la casa di produzione di Coppola, la American Zoetrope, hanno intrapreso un restauro scrupoloso della trilogia. Un restauro durato tre anni, fatto per creare la migliore presentazione possibile per il pubblico di oggi. Oltre 300 pizze di pellicola sono state esaminate per trovare la migliore risoluzione per ogni fotogramma dei tre film. Più di 4.000 ore sono state spese per riparare macchie, strappi e altri danni nei negativi. Oltre 1.000 ore sono state spese per una rigorosa correzione del colore per assicurare che gli strumenti ad alta gamma dinamica fossero rispettosi della visione originale di Coppola e del direttore della fotografia Gordon Willis.