Le misure previste saranno a decorrere dal primo del mese prossimo, ma non sarà un pesce d’Aprile. Il Vaticano taglia gli stipendi, a cominciare dai cardinali e dai capi dicastero della Curia romana. A incidere sulla revisione di spesa decisa da papa Francesco il disavanzo che da diversi anni caratterizza la gestione economica della Santa Sede, con la previsione di un deficit di 49,7 milioni quest’anno e l’aggravamento di tale situazione a seguito dell’emergenza sanitaria determinata dal COVID-19, che ha inciso negativamente su tutte le fonti di ricavo.
Stipendi più leggeri quindi per i cardinali, che subiranno una riduzione del 10%, mentre sarà dell’8% per cento per i dipendenti della Santa Sede, del Governatorato e altri enti collegati. Ma a quanto ammonta lo stipendio di un porporato della Curia? Il cosiddetto piatto cardinalizio dei porporati al servizio della Santa Sede prevede una somma tra i 4.500 e i 5.000 euro netti, considerando che in Vaticano non ci sono le tasse. Qui occorre però fare una distinzione sugli stipendi di un cardinale delle diocesi italiane e un porporato della Curia, in quanto vi è una netta distinzione tra Chiesa italiana (Cei) e Curia romana (Santa Sede), anche amministrativamente parlando. Un vescovo italiano (cardinale o no) rientra nel sostentamento del clero della Cei e il suo stipendio può arrivare a un massimo di 1.700 euro lordi mensili, più o meno 1.300-1.400 netti.
“Un futuro sostenibile economicamente richiede oggi, fra altre decisioni, di adottare anche misure riguardanti le retribuzioni del personale con la finalità di salvaguardare gli attuali posti di lavoro - ha scritto il pontefice in una Lettera apostolica -. Considerato che i costi per il personale costituiscono una rilevante voce di spesa nel bilancio della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”.
Quando si dice che tutto il mondo è paese...