CANBERRA - Il piano presentato ieri assieme al primo ministro Anthony Albanese propone misure severe per contrastare la crescente discriminazione contro la comunità ebraica in Australia, ma alcuni temono che possa porre a tacere le critiche legittime allo Stato di Israele.
Il rapporto suggerisce, tra le varie raccomandazioni, di integrare l’educazione sull’Olocausto nei programmi scolastici, rafforzare le leggi contro l’incitamento all’odio, e sospendere i finanziamenti pubblici a università, emittenti e istituzioni culturali che non affrontano adeguatamente l’antisemitismo. Propone inoltre la cancellazione dei visti o l’espulsione degli immigrati coinvolti in atti discriminatori contro gli ebrei.
Ashlyn Horton, presidente dell’Unione Nazionale degli Studenti, ha criticato l’equiparazione tra le proteste studentesche pro-Palestina e l’antisemitismo: “La maggior parte degli attivisti non è antisemita. Sono studenti preoccupati per ciò che accade a Gaza e per i legami delle loro università con l’industria bellica”.
Anche l’Australia Palestine Advocacy Network ha denunciato il rischio di impatto sproporzionato sulle comunità aborigene, palestinesi, arabe e musulmane. La giornalista Jan Fran ha messo in guardia contro l’oscuramento delle critiche a Israele da parte dei media pubblici: “Sarebbe un passo pericoloso”.
Il rapporto chiede inoltre di adottare la definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance, controversa perché accusata di confondere l’odio antiebraico con le critiche a Israele e al sionismo.
Secondo il Jewish Council of Australia, il piano somiglia a un “manuale per silenziare il dissenso”. Di contro, altri gruppi ebraici, come l’Australia/Israel & Jewish Affairs Council, ne sostengono l’attuazione integrale. Le università australiane hanno dichiarato che esamineranno attentamente le raccomandazioni.