BRUXELLES - Il tanto atteso rapporto di Mario Draghi sulla competitività europea, composto da oltre 400 pagine, è stato presentato lo scorso 9 settembre. 

L’ex presidente della Banca centrale europea (Bce) e del Consiglio italiano ha illustrato una serie di raccomandazioni per rilanciare l’economia dell’Unione Europea, mettendo in chiaro che, senza un’azione immediata, il benessere, la libertà e l’ambiente dell’intero continente potrebbero essere compromessi. Il rapporto tocca numerosi aspetti chiave, tra cui il debito comune, la minaccia cinese, l’innovazione e la produzione automobilistica, evidenziando le azioni che la prossima Commissione von der Leyen dovrà intraprendere.

Uno dei punti centrali del rapporto riguarda la necessità di un debito comune per finanziare le ambizioni europee. Draghi sostiene che l’Ue dovrà raccogliere almeno 750-800 miliardi di euro all’anno per mantenere il passo con Stati Uniti e Cina, invertendo il declino degli investimenti che si è verificato nelle principali economie europee negli ultimi decenni. Nel presentare il rapporto, l’ex capo di governo italiano ha insistito sul fatto che prestiti comuni, sul modello del programma Next Generation EU, dovrebbero essere utilizzati per finanziare progetti che promuovano la competitività e la sicurezza del blocco. Draghi ha avvertito che la mancanza di un piano di finanziamento congiunto rischia di compromettere settori chiave come la difesa, le infrastrutture digitali e la ricerca.

Il rapporto mette in luce il cambiamento di prospettiva nei confronti della Cina, un Paese visto fino a poco tempo sia come un partner sia come un rivale economico. Ora, secondo Draghi, Pechino rappresenta anche una “minaccia” per l’industria automobilistica europea e le tecnologie pulite, sostenuta da pesanti sovvenzioni statali. La concorrenza cinese, che offre soluzioni rapide e più economiche per la decarbonizzazione, è vista come un pericolo per le aziende europee. Draghi suggerisce che l’Ue debba essere pragmatica e adottare una politica commerciale più difensiva, riducendo la dipendenza da materie prime e tecnologie critiche fornite da pochi Paesi, tra cui la Cina. Una delle principali preoccupazioni di Draghi è il divario di innovazione che separa l’Europa da Stati Uniti e Cina.

Nonostante l’Ue non manchi di idee e ambizioni, secondo il rapporto, fatica a tradurre l’innovazione in crescita economica. Innovazione poco stimolata che ha contribuito a una stagnazione, evidenziata dal fatto che nessuna azienda europea con un valore superiore a 100 miliardi di euro è stata creata da zero negli ultimi cinquant’anni. Draghi avverte che l’Europa non può permettersi di restare indietro nell’era dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie, e propone un maggiore investimento nelle competenze e nella formazione per promuovere un ambiente favorevole all’innovazione e alla crescita.

Un altro settore cruciale analizzato da Draghi è quello automobilistico, che rappresenta una parte fondamentale dell’economia europea. Tuttavia, l’industria è sotto pressione a causa della concorrenza cinese e delle ambiziose normative dell’Ue che prevedono l’eliminazione graduale dei veicoli a benzina e diesel entro un decennio. Draghi avverte che le fabbriche europee stanno lottando per competere con le auto elettriche cinesi, fortemente sovvenzionate dallo Stato. Il rapporto suggerisce che l’Ue debba adottare un approccio globale alla produzione automobilistica, coordinando tutte le fasi del processo, dalla ricerca alla produzione e al riciclaggio, evitando tuttavia misure protezionistiche che potrebbero danneggiare il commercio.

Per attivare queste fasi di radicali riforme c’è bisogno di modificare anche la struttura del processo decisionali europeo, caratterizzato, secondo i dati forniti dal rapporto Draghi, da particolare lentezza e complessità. L’Ue impiega in media 19 mesi per approvare nuove leggi, un processo ostacolato da numerosi veti nazionali e da una burocrazia inefficiente. Draghi propone una riforma del sistema per rendere le decisioni più rapide e focalizzate, permettendo all’Unione di rispondere più efficacemente alle sfide globali.

Nonostante le conclusioni di Draghi siano ampiamente riconosciute, l’implementazione delle sue raccomandazioni rimane incerta. Le sue proposte, come il finanziamento di maggiori spese e il consolidamento dei mercati dei capitali, sono state a lungo richieste da Bruxelles, ma incontrano spesso l’opposizione di diversi Stati membri. Inoltre, l’instabilità politica in Paesi chiave come Francia e Germania complica ulteriormente la possibilità di un’azione coordinata.

L’Unione Europea si trova quindi a un bivio: agire rapidamente per colmare il divario con i suoi concorrenti globali o affrontare una “lenta agonia”, come avverte Draghi. La speranza è che la prossima Commissione europea possa fare tesoro di queste raccomandazioni, ponendole al centro del proprio mandato per guidare l’Europa verso una nuova era di crescita e competitività.