ROMA - Un rinvio a giudizio non comporta in automatico le dimissioni, e non sarebbero nell’aria scelte immediate a riguardo, ma bisogna valutare bene se il clamore attorno ai processi in cui è coinvolta Daniela Santanché non indebolisca la sua azione come ministro e, a ruota, non possa recare danno all’azione di governo. 

È attorno a questi concetti che, ai piani alti dell’esecutivo, si riflette sul caso della titolare del Turismo, rinviata a giudizio per falso in bilancio e su cui pende un’altra richiesta di andare a processo per truffa all’Inps legata alla cassa integrazione durante il Covid.

Giorgia Meloni starebbe ancora riflettendo sul da farsi, convinta che la sfida della guida del Paese sia “talmente grande” da non potersi permettere scivoloni o inciampi legati a questioni personali, come già accaduto con Gennaro Sangiuliano. 

La premier non ha ancora detto una parola in pubblico sulla vicenda, ma è assai probabile che abbia affrontato anche questo dossier con il presidente del Senato, Ignazio La Russa, da sempre amico e sponsor di Santanchè. 

In diversi in Parlamento sono convinti che un’azione di persuasione del presidente del Senato possa essere la chiave per convincere la ministra a un passo indietro che nessuno, oramai si sente più di escludere. 

La scelta personale e senza imposizione, è uno dei ragionamenti che già alcuni esponenti di Fdi starebbero facendo e consentirebbe un’uscita meno traumatica all’attuale ministra, che però al momento non sembrerebbe intenzionata a lasciare.  

Anzi, liquida come “surreali” le voci che si rincorrono di sue imminenti dimissioni, malgrado qualcuno prevedesse una sua visita a stretto giro a Palazzo Chigi per annunciarle. “Io sono a Milano, impegnata in una riunione importante, non ho niente da aggiungere”, liquida la questione la ministra. 

All’inizio della prossima settimana, peraltro, ha in programma una missione in Arabia Saudita, quando il Villaggio Italia per la Amerigo Vespucci sarà allestito a Gedda. Lì potrebbe incrociarsi con la premier, anche se l’agenda di Meloni spesso viene chiusa all’ultimo minuto.  

Nulla di certo, insomma, se non il fatto che le due non si siano ancora incontrate e che le voci che si sono levate, a difesa della Santanché, dal suo stesso partito si contino su poco più di una mano. Dalle prime file dell’esecutivo solo il ministro Guido Crosetto, interpellato al Senato, invita ad “aspettare il corso della giustizia”, dichiarandosi “il più garantista che esista nel Parlamento italiano”.  

Di una eventuale sostituzione “non si parlerà prima di marzo”, dicono i più possibilisti, ricordando che il 29 gennaio la Cassazione deciderà se il processo Visibilia vada celebrato a Milano o a Roma. Se il fascicolo dovesse essere spostato ci potrebbe essere qualche settimana in più, sempre che la premier non decida diversamente prima.