LONDRA - Dopo settimane di cautele, stretto tra il pressing di Emmanuel Macron e il timore dell’ira di Donald Trump, il premier inglese Keir Starmer cede alle richieste, sempre più esplicite, di ministri e parlamentari laburisti.

“Il Regno Unito riconoscerà lo Stato palestinese a settembre, prima dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite”, annuncia il primo ministro, a meno che Israele non adotti misure sostanziali per porre fine alla “situazione spaventosa” a Gaza e non soddisfi altre condizioni, come il cessate il fuoco.

Dopo la Francia, anche la Gran Bretagna riconoscerà lo Stato di Palestina: sarà il secondo Paese del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la seconda Nazione del G7 e il 149° membro dell’Assemblea generale a compiere questo passo.

Una mossa che serve in primo luogo a mettere pressione su Israele perché ponga fine alla guerra a Gaza e alla tragedia umanitaria che conta ormai 60mila morti e i vivi ridotti alla fame.

“Insieme riapriamo la prospettiva di pace”, gioisce Macron che per mesi, senza successo, aveva cercato di convincere Londra e Berlino a un riconoscimento congiunto durante l’assemblea dell’Onu a settembre. Alla fine, Starmer ha richiamato i ministri dalle ferie per una riunione di emergenza e si è accodato con un annuncio, seppur condizionato.

Friederich Merz, invece, resta dell’idea di una soluzione “negoziata” tra le due parti nell’ambito di un processo di pace, ma il cancelliere cristiano-democratico non deve affrontare all’interno del suo governo e del suo partito l’onda pro-Palestina, che è invece montata dentro il Labour con malumori sempre più espliciti nell’esecutivo e tra gli elettori.

Un pressing che ha spinto il premier inglese a sfidare le ire di Trump, che settimana scorsa ha gelato Macron affermando che il passo del riconoscimento da parte della Francia “non ha alcun valore”.

“Ho sempre detto che avremmo riconosciuto uno Stato palestinese come contributo a un autentico processo di pace, in un momento in cui avrebbe avuto il massimo impatto sulla soluzione dei due Stati. Ora che questa soluzione è minacciata, è tempo di agire”, ha chiarito Starmer.

E, anticipando le critiche israeliane di favorire Hamas, il premier inglese chiede al movimento di rilasciare gli ostaggi rimasti e di disarmare completamente le sue milizie, in modo che “non svolga più alcun ruolo chiave” nel territorio palestinese.

Giovedì della prossima settimana, annuncia Merz, i ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania andranno insieme in Israele “per presentare la posizione dei tre governi”, che chiedono la fine delle operazioni militari nella Striscia e un’immediata apertura dell’ingresso degli aiuti internazionali a Gaza.

Pur condividendo le critiche delle organizzazioni internazionali sulla scarsa utilità del lancio di cibo per via aerea, domani due aerei tedeschi porteranno aiuti. Venerdì sarà la volta di Parigi con 40 tonnellate, mentre la Gran Bretagna si era da subito mossa per l’iniziativa non appena Israele aveva dato il via libera.

Starmer avrebbe avvertito Netanyahu con una telefonata prima di annunciare il suo passo, probabilmente per spiegare che l’intento non è contro Israele.

Si muove invece apertamente contro il governo israeliano l’Olanda, che ha dichiarato i ministri dell’ultradestra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich “personae non gratae” perché “hanno ripetutamente incitato alla violenza dei coloni, sostenuto l’espansione degli insediamenti illegali e invocato la pulizia etnica a Gaza”.