Il risultato si traduce in un successo per il Centrodestra, in particolare per Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che non hanno mai smesso di opporsi alla normativa che è stata promossa quale strumento per combattere l’omotransfobia, ma contenente, sotto la superficie, ramificazioni controverse.
Matteo Salvini ha commentato: “Sconfitta l’arroganza di Letta e dei CinqueStelle. Hanno detto di no a tutte le proposte di mediazione, comprese quelle formulate dal Santo Padre, dalle associazioni e da molte famiglie, e hanno affossato il Ddl Zan. Ora ripartiamo dalla proposte della Lega: combattere le discriminazioni lasciando fuori i bambini, la libertà di educazione, la teoria gender e i reati di opinione”.
Dalla parte dei vincitori si ritrova in questa tornata anche Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, che aveva dato il proprio voto favorevole nel passaggio alla Camera per poi tornare sui propri passi, prendendo le distanze dal Centrosinistra, e ritagliandosi con questa votazione una sua centralità e riguadagnando spazi di manovra politica.
La cosiddetta ’tagliola’ (proposta di non-passaggio) presentata da Lega e Fdi ha ottenuto 154 voti favorevoli, 131 contrari, e due astenuti. Il Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, aveva accettato la richiesta del non-passaggio all’esame degli articoli del ddl Zan in base al Regolamento e in base ai precedenti, avendo spiegato che: “Ci sono due proposte di non-passaggio agli articoli a firma Calderoli e La Russa: il Presidente ritiene ammissibili queste due richieste di votazione segrete in base al regolamento e ai precedenti”.
Alessandro Zan, deputato Pd e promotore del disegno di legge ed omosessuale dichiarato, alludendo a Matteo Renzi ha detto: “Chi per mesi, dopo l’approvazione alla Camera, ha seguito le sirene sovraniste che volevano affossare il ddl Zan è il responsabile del voto di oggi al Senato. È stato tradito un patto politico che voleva far fare al Paese un passo di civiltà. Le responsabilità sono chiare”.
Enrico Letta, segretario del Pd, ha twittato: “Hanno voluto fermare il futuro. Hanno voluto riportare l’Italia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da un altra parte. E presto si vedrà”.
Amaro anche il commento di Giuseppe Conte esposto a nome del M5s, nonostante il sospetto fondato che parecchi dei suoi senatori siano stati parte del manipolo di franchi tiratori che hanno decretato la fine del Ddl: “Sul Ddl Zan registriamo un passaggio a vuoto su un percorso di civiltà e di contrasto a ogni forma di discriminazione e violenza per l’orientamento sessuale. Chi oggi gioisce per questo sabotaggio dovrebbe rendere conto al Paese che su questi temi ha già dimostrato di essere più avanti delle aule parlamentari”.
Gli ha risposto Giorgia Meloni, leader di Fdi: “Patetiche le accuse di Letta, Conte e della sinistra: i primi ad aver affossato la legge sono i suoi stessi firmatari, Zan in testa, che in questa proposta hanno scritto e difeso fino alla fine norme e principi surreali (dal self-id al gender nelle scuole) che nulla avevano a che fare con la lotta alle discriminazioni”.