ADELAIDE - Sabato 24 aprile, presso l’Italian Centre in Carrington Street, la comunità italiana è stata invitata a partecipare a un’interessante mattinata in cui il Com.It.Es ha ufficialmente presentato i risultati dello studio pilota dal titolo ‘Being and Becoming an Italian: the perspective of young people’, coordinato da Angela Scarino, membro del comitato del Com.It.Es e professoressa associata in Linguistica applicata alla University of South Australia.
Sono state raccolte e analizzate le risposte della popolazione giovanile degli italiani e degli italo-australiani di Adelaide; il sondaggio è stato commissionato da Com.It.Es e condotto in collaborazione con il Consolato d’Italia, la Dante Alighieri Society SA e SAATI, hanno partecipato 79 ragazzi dai 10 ai 18 anni e l’auspicio è di ampliare il campione in futuro, magari attraverso il coinvolgimento delle scuole.
Il 65% dei partecipanti è nato in Australia, il 26% in Italia e il restante 9% in un altro Paese, a denotare che hanno risposto alla chiamata i giovani di seconda, terza e quarta generazione, ma anche i nuovi arrivati. I dati sono poi stati elaborati, oltre che da Angela Scarino, anche da Matteo Farina del College of Humanities, Arts and Social Science della Flinders University ed Enza Tudini, che insegna presso il dipartimento di Education Futures Academic presso la University of South Australia. E proprio Enza Tudini e Matteo Farina hanno presentato e commentato alla fine della conferenza i risultati della ricerca, innovativa nel suo genere, considerato che tanto è stato scritto dell’esperienza degli immigrati degli anni ‘50 e ‘60 ma ancora poche sono le ricerche sulla percezione dei loro discendenti rispetto a se stessi e alla lingua e cultura italiane, soprattutto riguardo al ruolo di questi elementi nella definizione della loro identità. È quindi emerso che i ragazzi hanno un’identità “fluida”, che si muovono con agilità tra il loro essere italiani e australiani, anche passare da una lingua all’altra non rappresenta un problema; Max, dieci anni, ha scritto: “Mi piace avere due lingue”.
Durante la mattinata sono intervenuti, raccontando la loro esperienza diretta, anche alcuni dei ragazzi e bambini che hanno preso parte al progetto pilota, in particolare Alice Baldrighi, i fratelli Mattia e Martina Puccini, Duncan Vecchiarelli, Alessio Salvati, Macoy Kohler e Olivia Kelly. Nella seconda parte della mattinata è intervenuta Antonella Macchia di SAATI, che ha portato il punto di vista degli insegnanti, e poi Angela Benedetti, Rosanna Kelly e Louise Violante hanno contribuito raccontando le proprie esperienze dirette come insegnanti e/o genitori. Alla conferenza ha partecipato anche il console Adriano Stendardo.
Accesa e interessante la discussione finale; dal sondaggio sono emersi ancora gli stereotipi legati all’Italia e all’essere italiani, come il traffico, i nonni, considerati ancora i custodi della loro cultura, la musica, il calcio, il cibo, le feste. È però emersa una nuova tendenza, che inizia a farsi strada, dove l’italianità non è più solo cucina e sport, ma si esprime e si apprende soprattutto anche attraverso la cultura, l’arte, i viaggi, il teatro, campi in cui l’italianità ha moltissimo da dire ed esprimere. Il paradigma dell’italianità come mero folklore forse è giunto a un punto di svolta grazie al quale, nel rispetto della tradizione, si abbraccerà il futuro; d’altronde è ormai cosa nota che l’italiano è un lingua riconosciuta a livello mondiale, nelle scuole in South Australia ha ormai superato il francese. Da lingua dei migranti, l’italiano è ora considerata una lingua di prestigio; gli studi sono solo all’inizio e l’auspicio è che abbiano aperto la strada a futuri approfondimenti e ulteriori ricerche.
Alla fine della conferenza è stato consegnato un certificato d’eccellenza per la lingua e la cultura italiana a Erinn Templeton, studentessa alla University of South Australia.