“Il miglior dipintor del mondo”, così lo definì Boccaccio. Intellettuale e rivoluzionario, Giotto è passato alla storia per aver abbandonato la ieraticità e la solennità della pittura delle epoche precedenti e per aver finalmente abbracciato un tipo di arte più naturale e fedele alla realtà.

Così come Dante, Petrarca e Boccaccio nella letteratura, allo stesso modo Giotto, nella pittura, riuscì a stravolgere il suo tempo con nuovi codici espressivi, trasformandoli in qualcosa con cui chiunque avrebbe poi dovuto misurarsi.

Il “sovrano maestro in dipintura” è stato celebrato dall’Associazione Umbria e Amici del Victoria, in collaborazione con il Co.As.It. di Melbourne, in un evento gratuito presso la Melbourne Library at the Dock a Docklands, lo scorso 25 novembre, ‘Giotto and the Franciscans at Assisi’. Sono stati i professori Rodney Lokaj e Roberta Crisci-Richardson a delineare i tratti distintivi dell’immenso artista e a seguire le sue orme attraverso l’Umbria, nei suoi luoghi più celeberrimi e in quelli più nascosti.

Il seminario ha ottenuto un tutto esaurito in tempi record, segnale evidente dell’interesse della comunità australiana e italo-australiana per un linguaggio artistico che si fonda sulla ricerca intensa del senso della realtà, sull’utilizzo poetico della prospettiva e sulla rappresentazione dell’uomo e dei suoi sentimenti. È proprio per questo che Giotto è considerato un precursore del Rinascimento.

“Abbandona l’iconografia bizantina e instrada il linguaggio moderno dell’arte – dichiara la storica dell’arte, Roberta Crisci-Richardson –. Dante, Giotto e San Francesco sono i pilastri della nostra identità, in un momento storico in cui l’Italia prova a dire addio al suo passato medievale per cominciare ad acquisire una grandezza nel linguaggio e una sorta di riscoperta. Sicuramente il riscontro positivo dell’evento, in termini di numero, dimostra un certo interesse della comunità verso queste immense personalità che spiegano così tanto della nostra individualità di italiani”.

Giotto viene spesso ricordato anche per le moltissime leggende e gli aneddoti che gravitano su di lui; con lui, infatti, la storia dell’arte occidentale trova la prima figura di pittore circondato da un alone quasi mitico. Celebre l’aneddoto secondo cui Giotto sia stato in grado di disegnare un cerchio perfetto a mano libera, oppure quello secondo cui il suo talento sarebbe stato notato dal grande Cimabue quando era ancora un bambino. Secondo le testimonianze sopravvissute al tempo, un giorno Giotto si sarebbe dilettato a disegnare alcune pecore che pascolavano, ritratte con tanta abilità da indurre Cimabue a prendere il giovane sotto la sua protezione.
Eppure, è strano come di un artista così importante, neppure conosciamo il vero nome, forse Biagio o Ambrogio, nato in una famiglia contadina nelle colline del Mugello.

È stata Crisci-Richardson a tratteggiare le innovazioni iconografiche di Giotto durante l’evento alla Library at the Dock, soprattutto nel suo periodo umbro, quando il celebre pittore dipinse le Storie di San Francesco, tra il 1290 e il 1295, nella Basilica Superiore di Assisi.

“È il linguaggio visivo di Giotto a interessarmi, in un momento molto particolare per la Chiesa e per la storia dell’ordine francescano – ha spiegato Crisci-Richardson –. È un’epoca decisamente rilevante, in cui Giotto prova a forgiare un linguaggio figurativo nuovo, proto-rinascimentale. Siamo ancora nel 1296, ma straordinariamente punta già in quella direzione”.

Anche il professore Rodney Lockay, dottore in Lettere e studioso di Filologia e di Dante Alighieri, ha celebrato la grandezza dell’artista, partendo da una terzina del canto XI del Purgatorio della Divina Commedia – “Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido / sì che la fama di colui è scura”, che fa chiaro riferimento alla ‘novità’ dell’arte giottesca –, per poi illustrare il ruolo dell’artista in un periodo di lotte tra i discepoli di Francesco, dopo la morte del Santo, attraverso i testi a lui dedicati.

“L’arte, a volte, viene percepita come un’attività limitata a pochi – ha continuato Crisci-Richardson –, eppure basti pensare al ruolo di pittori, scultori e architetti che, proprio come Giotto, hanno umanizzato la storia dell’arte, tendando di dar vita a un linguaggio più inclusivo, anticipando molto spesso i tempi”.