La Veneranda Biblioteca e Pinacoteca Ambrosiana, fondata da Federico Borromeo nella città di Milano, rappresenta ben più di un museo: è una vera e propria cattedrale dell’arte e della cultura. Questa istituzione vanta una collezione di opere d’arte di inestimabile valore, con capolavori di Leonardo da Vinci, Caravaggio e Raffaello, e custodisce tesori letterari come il Codice Atlantico di Leonardo.

In occasione della mostra “Leonardo Da Vinci – 500 Years of Genius”, organizzata da Webuild a The Lume di Melbourne e caratterizzata da un’innovativa esperienza digitale e multisensoriale che invita a esplorare l’universo del genio toscano, monsignor Alberto Rocca, dottore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e direttore della Pinacoteca, ha compiuto un significativo viaggio in Australia per questo evento eccezionale, che quest’anno ha arricchito Melbourne con la presenza di fogli originali del Codice Atlantico – un compendio di disegni e annotazioni di Leonardo da Vinci, scritti e disegnati tra il 1478 e il 1519, che spaziano dalle ingegnose invenzioni meccaniche a profonde riflessioni su arte, scienza e filosofia – fondamentale per l’approfondimento dello straordinario contributo di Leonardo al mondo.

Monsignor Rocca ha portato in Australia quattro disegni selezionati dal Codice Atlantico, parte della più vasta collezione di bozzetti originali dell’artista rinascimentale, composta da 1119 lavori.

In un tentativo di condividere un frammento di questa sterminata eredità, testimoniando l’immensa curiosità e il talento di Leonardo, il direttore, ha anche evidenziato l’impegno in altre iniziative internazionali, come l’esposizione di dodici disegni del Codice a Shanghai.

Le tappe del viaggio di monsignor Rocca hanno coinvolto anche la Dante Alighieri Society di Sydney, dove, durante un affascinante intervento, ha narrato con passione la storia dell’Ambrosiana, voluta fortemente dall’illustre Federico Borromeo, sottolineando come Milano, ai tempi di Borromeo, non fosse dissimile dall’odierna metropoli, fulcro di moda e commercio, affermandosi come capitale dello stile. “L’eleganza dei milanesi benestanti veniva replicata e diffusa attraverso stampe, in una dinamica paragonabile a quella di una rivista dei giorni nostri come Vogue, dove l’alta società cercava ispirazione per i propri abiti raffinati. La moda milanese era influenzata dall’opulenta corte spagnola, dato che all’epoca Milano era sotto il suo dominio. La città brillava anche per il suo carnevale, celebre per le fontane di vino e per un generale senso di lusso”, ha spiegato il monsignore. Ma Milano eccelleva non solo nella moda: il design di gioielli, servizi da tavola e medaglie era altrettanto rinomato.

Nel 2019, Dolce & Gabbana ha voluto omaggiare questa tradizione organizzando, proprio nella stessa Ambrosiana, una sfilata con 120 modelli ispirati ai dipinti conservati nella struttura, testimoniando come Milano fosse e resti un crocevia di moda, design, opulenza e internazionalità.

Quando Federico Borromeo decise di fondare la biblioteca, la sua profonda formazione teologica e l’interesse per il greco e il latino lo portarono a diventare cardinale e a guidare la commissione per una nuova traduzione della Bibbia alla fine del XVI secolo. L’incontro con l’ottimismo di Filippo Neri fu decisivo: Borromeo abbracciò una visione cristiana positiva, secondo cui la vita terrena, inclusi il corpo, la musica e l’arte, erano doni da valorizzare. Questo approccio illuminato fu il terreno su cui l’arte, sotto tutte le sue forme, poté fiorire. La fondazione della biblioteca si basò su principi che riflettevano la convinzione che la cultura e la fede potessero coesistere armoniosamente, arricchendosi a vicenda. Il processo di fondazione dell’Ambrosiana, che ha preso avvio nel 1604 con la creazione del collegio dei dottori, si è consolidato nel 1607 con l’apertura della Biblioteca Ambrosiana al pubblico, per culminare nel 1618 con la donazione della collezione personale di dipinti di Federico Borromeo, segnando la nascita del più antico museo di Milano.

Monsignore Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana dal 2014, ha percorso un cammino professionale notevolmente legato all’istituzione che ora guida.

Nel corso della nostra intervista, ha sottolineato che il percorso per diventare parte del comitato scientifico dell’Ambrosiana è complesso, e richiede non solo una profonda preparazione accademica evidenziata dal suo dottorato in Storia moderna, ma anche un’apertura verso ambiti di studio diversificati, come dimostra il suo interesse per il giapponese e per la storia dell’arte.

Nel suo ruolo di direttore per delega del collegio dei dottori, monsignor Rocca ha visto importanti innovazioni, anche la fruizione del museo è cambiata negli ultimi dieci anni vedendo ormai l’aspetto multimediale molto importante e mirato a rinnovare l’esperienza museale attraverso l’uso di tecnologie avanzate, per creare un’esperienza non soltanto relativa alla classica fruizione delle opere d’arte ma anche all’interazione con esse, attraverso, ad esempio, i codici QR, e migliorando l’accessibilità per i visitatori con esigenze particolari. Queste iniziative hanno l’obiettivo di rendere l’arte accessibile a tutti, mantenendo al contempo un elevato livello scientifico nei contenuti presentati.

“Noi dottori dell’Ambrosiana siamo famosi per essere particolarmente attenti alla lingua, alle note del linguaggio e alla storia. Cerchiamo di fornire sempre un prodotto che sia altamente scientifico e, al contempo, con una comunicazione che sia al passo con i tempi. Abbiamo inaugurato da due anni la nuova sala di Leonardo Da Vinci dove si può ammirare l’unico dipinto rimasto a Milano dopo le depredazioni napoleoniche, il Ritratto di musico, che è anche l’unico ritratto maschile fatto da Leonardo. Anche qui abbiamo creato un ambiente con delle condizioni particolari per la conservazione delle opere”, ha detto il direttore.

Una delle sfide più ardue affrontate durante il suo mandato è stato il restauro del cartone preparatorio della Scuola di Atene di Raffaello Sanzio, il più grande disegno rinascimentale al mondo di 8 metri x 3 metri, un progetto che ha richiesto competenze specialistiche e la collaborazione internazionale, simbolo dell’importanza del lavoro di preservazione dell’arte: “Il restauro è stato molto complesso, durato quattro anni e ha coinvolto il comitato scientifico internazionale e diverse nazioni. Se penso, ad esempio, che il cartone è stato rinforzato con tre strati di carta prodotta in Giappone, con tecniche giapponesi, si evince come un intervento di restauro di questo tipo richieda delle grandi competenze; è stata una grande soddisfazione ma anche un impegno considerevole”.

Monsignor Rocca ha nuovamente evidenziato la necessità di adeguarsi alle novità, per la gestione e la conservazione di un patrimonio così vasto e significativo: “Si tratta sempre più di essere al passo con i tempi per quanto riguarda la tecnologia e questo richiede anche degli investimenti economici di non poca importanza. Durante la pandemia siamo forzatamente rimasti chiusi ma abbiamo dovuto tenere in funzione tutte le apparecchiature e tutti i sistemi di condizionamento, controllo della temperatura e dell’umidità; sono grandi imprese soprattutto se si pensa che siamo un ente privato e siamo sempre molto grati a tutti coloro che vogliono aiutare l’Ambrosiana anche dal punto di vista economico”.

L’impegno dell’Ambrosiana verso l’accessibilità e l’inclusione è essenziale per mantenere vivo l’interesse verso l’arte nelle nuove generazioni. “L’anno scorso abbiamo accolto 250.000 visitatori quindi siamo molto contenti perché dopo la pausa dalla pandemia che aveva ridotto in maniera significativa il turismo, noi siamo a un livello sempre più crescente”, ha aggiunto monsignor Rocca.

Il direttore ha anche sottolineato l’importanza vitale delle collaborazioni internazionali, evidenziando progetti volti a stimolare il dialogo culturale globale.

Questo approccio rispecchia l’intento originario del fondatore, Federico Borromeo, di favorire scambi culturali tra intellettuali di tutto il mondo poiché, fin dalle origini, la Biblioteca Ambrosiana ha sempre promosso le sue relazioni internazionali, mantenendo questo impegno attraverso l’acquisizione di testi preziosi e la promozione di studi senza confini. “L’Ambrosiana ha anche un’accademia che raccoglie otto classi di studio - ha ricordato il direttore - che vanno dalla slavistica, al lontano oriente, con cinese, indiano, giapponese, il vicino oriente con l’ebraico e l’arabo; abbiamo italianistica, gli studi greci e latini, gli studi sull’Africa e quindi la struttura dell’Ambrosiana stessa, che è biblioteca, pinacoteca e accademia, è una struttura proprio di sua natura internazionale”.

Dunque, la visione e la missione intraprese da Federico Borromeo quasi quattro secoli fa continuano a trovare espressione nel lavoro quotidiano dell’Ambrosiana, rendendola non solo custode di tesori del passato ma anche un laboratorio vivente per l’arte e la cultura del futuro.