CARACAS - È stato l’astensionismo il vero protagonista delle elezioni legislative e regionali promosse ieri in Venezuela dal presidente de facto Nicolas Maduro.
A testimoniarlo, oltre ai numeri, sono le immagini di strade deserte e seggi elettorali vuoti diffuse dai social. Stando ai dati divulgati dall’opposizione riunita nella Piattaforma unitaria democratica (Pud) guidata da Maria Corina Machado (che ha disertato il voto), l’affluenza alle urne è stata di appena il 12,56%, con l’astensione dell’85% degli aventi diritto.
Una cifra confermata anche dalla società di statistiche locale Meganalisis, secondo cui la quota ha superato di poco il 12%. Percentuali che sembrano più realistiche di quelle ufficiali, divulgate dal Consiglio nazionale elettorale (controllato dai partiti chavisti al governo) e pari al 42,63%.
Per le autorità elettorali locali, il Grande polo patriottico, che riuniva il Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) di Maduro e altre sigle satellite, ha ottenuto 4.553.484 voti (l’82,68% del totale) per l’Assemblea nazionale, attribuendosi inoltre 23 dei 24 governatorati.
Per la prima volta - tra le proteste di Georgetown - è stato scelto anche un governatore per l’Essequibo, un territorio ricco di idrocarburi, amministrato dalla Guyana, su cui Caracas vorrebbe mettere le mani. Un territorio che di recente il governo venezuelano ha annesso sulle sue carte, in modo unilaterale, come 24ma regione del Paese, creando instabilità nella regione.
Le elezioni, in particolare nell’Essequibo, sono state definite una “farsa” anche dagli Stati Uniti, che “respingono tutti i tentativi di Maduro e del suo regime illegittimo di minare l’integrità territoriale della Guyana”, ha scritto sui social Michael Kozak, assistente al segretario di Stato per gli Affari dell’Emisfero Occidentale.
L’opposizione minoritaria (quella che ha deciso di aderire comunque alle elezioni sotto la guida dell’ex candidato presidenziale Henrique Capriles) è riuscita ad aggiudicarsi solo un governatore, Alberto Galíndez, riconfermato nello stato di Cojedes.
Mentre un altro oppositore, Manuel Rosales, ha perso nello stato di Zulia, riconsegnandolo al chavismo. Ma a trionfare davvero, secondo gli osservatori, è stata la disobbedienza civile. “Oltre l’85% dei venezuelani ha disobbedito a questo regime criminale”, ha commentato Machado.
“Un atto di coraggio civico”, lo ha definito Edmundo Gonzalez Urrutia, considerato da buona parte della comunità internazionale il vero presidente eletto alle consultazioni del 28 luglio scorso. Un voto blindato, con le frontiere chiuse, e senza opposizioni, che Maduro ora cavalca come un successo schiacciante: “la dimostrazione della forza del chavismo, del bolivarianesimo del XXI secolo”.