MILANO - Alessandro Impagnatiello era capace di intendere e di volere la sera del 26 maggio 2023, quando uccise a coltellate la fidanzata Giulia Tramontano, incinta di 7 mesi.  

Lo hanno stabilito gli esperti incaricati dalla Corte di assise di Milano, lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca, nella perizia svolta sul trentunenne imputato di omicidio pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale.  

L'accertamento era stato disposto dai giudici prima dell'estate, e nell’udienza del 21 ottobre la relazione sarà discussa in aula dalle parti processuali. 

I risultati dell'esame sul corpo della giovane, incinta al settimo mese, uccisa dal fidanzato, non mostrano alcun segno di tentativo di difesa.  

“Non lo so perché ho visto tutto finito, tutto perso. Non ci sarà mai una motivazione”, ha detto Impagnatiello in uno dei colloqui in carcere con i periti della Corte di assise di Milano, nel corso dell'accertamento disposto per valutare la sua capacità di intendere e volere la sera del delitto.  

Il trentunenne ha quindi cercato di spiegare le motivazioni alla base del gesto, in una serie di dichiarazioni spontanee. “Ho visto il mio lavoro, ho visto la mia famiglia, ho visto la relazione con lei, tutto svanito. Ho visto la mia sconfitta, detta in maniera squallida, agli occhi di tante persone, poteva essere il collega, poteva essere la famiglia, poteva essere lei, poteva essere chiunque intorno a me. Ho visto la sconfitta e colpì Giulia”, ha affermato. 

Dopo l'omicidio, commesso colpendo la ragazza con 37 coltellate nella loro abitazione a Senago, l’imputato ha cercato di “cancellare tutto, come se far sparire una persona fosse come buttare una caramella. Cercavo di eliminare ogni traccia di Giulia”, ha concluso.