Oltre quattro decenni di attività artistica, permeati dalla capacità di attraversare confini, generi e discipline. L’affermato artista Tony Clark ritorna al suo pubblico con una estesa ed eclettica mostra, presentata dalla University of Melbourne e ospitata dalla galleria Buxton Contemporary. ‘Tony Clark: Unsculpted’, inaugurata lo scorso primo novembre e accessibile fino al prossimo primo giugno 2025, mostra l’interesse costante dell’artista per la rappresentazione del rilievo scultoreo attraverso la forma pittorica; una prospettiva unica sulla sua prolifica attività che si discosta dai dipinti paesaggistici Myriorama per i quali è maggiormente conosciuto.

“In tanti anni di pratica pittorica, ho lavorato anche a moltissimi quadri e disegni che in un certo senso fanno riferimento alla scultura. Non che mi senta uno scultore frustrato – ha scherzato lo stesso Tony Clark nella nostra intervista –, ma è uno stile che mi ha sempre molto affascinato. L’esempio migliore è rappresentato dai quadri meravigliosi di Andrea Mantegna che nel Cinquecento utilizzava la scultura come simbolo della cultura classica; mi ha ispirato moltissimo. Inoltre, è stata una scoperta, anche per me, ritrovare in deposito a Melbourne centinaia di disegni e libri di schizzi che avevo realizzato nel tempo e poi dimenticato. Sono stati tradotti in scultura dall’artista, collega e amica, Joanne Ritson, e compongono la serie Jasperware della mostra”.

Numerose, infatti, le collaborazioni che prendono vita con ‘Tony Clark: Unsculpted’: dalla coreografa Shelley Lasica, che presenterà una nuova performance da solista, al compositore britannico Kevin Flanagan, che ha composto un’ouverture per la mostra stessa, eseguita dal vivo durante l’inaugurazione dagli studenti del Melbourne Conservatorium of Music.

Dopo mesi di instancabile impegno, “nascondendo le opere anche alle persone più care”, Clark ha inaugurato la sua ultima mostra davanti a una sala gremita, un momento che lo riempie ancora “di sincero orgoglio”. Oggi coglie l’occasione per guardare indietro alla sua vita artistica e rivedere la sua pratica, portando alla luce nuovi progetti e modi di interpretare la sua visione artistica.

Tra le serie degne di nota esposte nella sua nuova mostra, ci sono certamente Chinoiserie, Jasperware e Prix de Rome che traggono influenze storiche e si ispirano ai dipinti illusionistici dell’artista rinascimentale Andrea Mantegna e i motivi in rilievo in porcellana Wedgwood, che mostrano invece il potenziale scultoreo delle immagini dipinte. 

“In diversi momenti della storia della pittura occidentale, i riferimenti alla scultura hanno avuto un significato espressivo. Di solito sono stati un modo per il pittore di dichiarare un legame con il passato, anche quando lo stile o la tecnica del dipinto stesso sono chiaramente moderni – ha spiegato –. I migliori dipinti di questo tipo non sono evocazioni nostalgiche, ma premonizioni di un possibile futuro”.

La realizzazione della nuova mostra ha permesso all’artista di dare uno sguardo più completo anche al suo percorso personale che è iniziato in Australia, ma è poi proseguito nel cuore della Città Eterna. I suoi genitori, infatti, decisero di trasferirsi a Roma per motivi professionali quando Clark aveva solo sette anni.

“Vi sono poi rimasti per ben venticinque anni e, anche se ho frequentato la scuola in lingua inglese, ho potuto apprendere l’italiano e immergermi nella cultura del posto. Abitare, poi, nel centro di Roma negli anni ‘60/’70 è stata una meraviglia; c’era un’atmosfera magica che sento viva ancora oggi. L’amore per il Belpaese mi ha poi spinto ad acquistare casa in Sicilia, prima a Ortigia e poi a Militello in Val di Catania, il paese di Pippo Baudo – ha raccontato l’artista, sorridendo –. Ci vado più che posso. Militello, in particolare, è una cittadina ricca di architettura barocca”.

Un dettaglio da un’installazione pittorica dalla sua ultima mostra ‘Tony Clark: Unsculpted’ alla Buxton Contemporary (Foto: Christian Capurro)

Dopo la laurea in Storia dell’arte in Inghilterra e il ritorno in Australia per l’insegnamento, la spinta artistica è nata quasi “per nostalgia”. “Ero tornato a Melbourne ma non avevo dimenticato l’Italia; anzi, ho iniziato a fare arte realizzando quadri paesaggistici che suggeriscono i dipinti settecenteschi di artisti stranieri che si recavano nella capitale italiana per ispirarsi sia ai suoi paesaggi mozzafiato sia al classicismo romano”.

Con ‘Tony Clark: Unsculpted’, il rinomato artista australiano, dal cuore profondamente italiano, intende non solo affacciarsi a una nuova generazione di estimatori, ma anche ai suoi stessi coetanei che lo conoscono per i suoi precedenti lavori. E sul futuro, dell’arte e della sua carriera, non ha alcun timore, piuttosto continuerà “a creare e risolvere” le idee che da anni affollano la sua testa.

“Ogni mattina mi sveglio e comincio con la pittura: per realizzare un sogno o una necessità creativa – ha spiegato Clark –. I problemi dell’attività artistica contemporanea sono quelli che sono [dettati dall’intelligenza artificiale o dal metaverso]. Grande come sono, non mi posso reinventare. Mi interessa continuare progetti iniziati anni fa e risolverli. E soprattutto mi piacerebbe che quello che faccio abbia sempre un significato”.