Nasconde, o forse protegge, il suo sguardo dietro grossi occhiali da sole, Carla Zampatti. Si esprime cedevolmente intrecciando i fili del suo passato: i colori degli affreschi nella chiesa a Lovero, dove abitava da bambina, il viaggio sulla nave per arrivare in Australia, un’avventura suggestiva, a suo dire, e i suoi primi passi da giovane donna lungo le strade di Sydney, accompagnata da un grande sogno.
Mi stringe teneramente la mano e si accomoda davanti a me all’interno del Melbourne Recital Centre.
Nei 35 minuti di intervista che mi concede, tra un’apparizione alla radio e un volo di ritorno verso Sydney, il Carla Zampatti pensiero si è dipanato chiaramente dietro le mie domande scroscianti evidenziando proprio come nel suo ruolo si mascheri anche un’espressione politico-sociale: “Il 1965 fu un anno esaltante, un momento storico straordinario soprattutto per cominciare una carriera nel mondo della moda. I movimenti giovanili che respirano e militano oggigiorno sono onorevoli, ma non fenomenali come lo furono allora. Le donne erano così ambiziose. Io ero ambiziosa. Ero una di loro. Ed è stato anche così divertente”.
Carla Zampatti è tra le stiliste australiane più prolifiche e sagaci - prova ancora ogni capo che disegna e passa ore a osservare i tessuti più incredibili per le sue future collezioni. Ama il potere trasformativo della moda, far sentire le donne di tutte le età incredibili e potenti attraverso un design impeccabile.
L’immagine di una vita espressa in colori e ritagli cominciò a disegnarsi nella sua testa fin da bambina, in una chiesa a Lovero, in provincia di Sondrio, in Lombardia: “Sapevo di voler lavorare nella moda fin dall’Italia. Avevamo una bellissima chiesa vicino casa che vantava magnifici affreschi. Avevo sei anni, ma già sognavo a occhi aperti i tessuti e le sfumature dei drappi indossati dalla Madonna e dai santi. Un giorno andai con mia madre dalla sarta, fu allora che mi convinsi di voler intraprendere lo stesso percorso professionale - ha raccontato Zampatti -. Da ragazza, mi guardavo attorno e pensavo continuamente di poter vestire le donne australiane, di poterle rendere bellissime, di averne le capacità per riuscirci. Grazie all’eccezionale esempio di forza di mia madre che da sola fu capace di gestire un’azienda di famiglia e crescere tre figli, decisi di dare inizio alla mia carriera. Potevo farlo”.
Carla Zampatti, insieme a sua madre e ai suoi due fratelli più grandi, lasciò l’Italia nel 1951 all’età di nove anni, per poter conoscere finalmente suo padre, trasferitosi in Australia pochi mesi prima della sua nascita durante la Seconda guerra mondiale: “Mio padre non era fascista, non voleva combattere una guerra non sua, voleva proteggere la sua famiglia e costruire un futuro per tutti noi”.
Abbandonò la sua Lovero nel mese di febbraio dei primi anni ‘50, una città avvolta dalla fitta neve invernale, per intraprendere il lungo viaggio in nave e arrivare a Perth nel pieno della caldissima estate australiana: “Fu emozionante, un’avventura che ancora oggi ricordo perfettamente. Il contrasto delle stagioni, i differenti colori della terra e del cielo. Ero straordinariamente entusiasta, fu un viaggio magico”.
La famiglia si stabilì a Fremantle in Western Australia, mentre Zampatti continuava a sviluppare una visione ben delineata del suo futuro. Terminati gli studi, decise immediatamente di trasferirsi a Sydney. Voleva liberarsi dall’immagine della donna che sposa un uomo, mette al mondo dei bambini e dedica le sue giornate alla cura della casa. La sua prospettiva era ben altra, il suo sogno incontrollabile, batteva forte agli angoli della sua mente senza darle tregua: “Mio padre fu impossibile, la nostra fu una battaglia di ingegno. Come puoi immaginare, quando gli comunicai di non voler sposarmi fino almeno all’età di 25 anni, mi chiese ‘Cosa intendi? Vuoi soltanto uscire con i ragazzi?’ e io gli risposi ‘Perché no?’. Anche dopo i miei primi successi, non credo che abbia mai capito - ha raccontato Zampatti -. Mia madre invece ha compreso le mie idee da subito. In generale, le figlie lavorano sempre molto per cambiare la mentalità dei propri padri”.
Circondata dall’energia del New South Wales, nei primi anni ‘60, Zampatti riuscì a dar vita alla sua idea di design e stile, facendosi prima le ossa con un apprendistato e poi impegnandosi nella realizzazione delle sue prime personali creazioni. Nel 1965 Carla Zampatti inaugura la sua carriera da stilista con il suo primo negozio a Sydney.
Da quel 1965, il mondo in cui viviamo ha subìto profondi e radicali cambiamenti. La liberazione è avvenuta proprio dal movimento per i diritti delle donne al fine di riuscire a stringere tra le mani l’agognata indipendenza in casa, negli spazi di lavoro e in strada. In ogni momento Carla era lì presente: sognava e produceva un’immagine nuova della donna australiana, una donna che riuscisse finalmente a essere chiunque volesse essere.
La sua prima collezione - in velluto verde, lunghe tuniche, vestiti a trapezio e tute - fu lanciata con un servizio fotografico di fronte all’iconica Sydney Opera House ancora in costruzione. Poco dopo inaugurò la sua prima boutique a Surry Hills.
Oggi, dopo 55 straordinari anni, può vantare una delle società di fashion design più affidabili d’Australia a cui continua a dedicare abilmente ogni sua giornata. La credibilità nel suo marchio storico le ha infatti permesso di superare anche quattro spaventose crisi finanziarie, mentre intanto continuava a collezionare riconoscimenti internazionali, Member of Order of Australia nel 1987, Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2004, Australian Fashion Laureate nel 2008, tra i tanti, nonché l’onore di divenire la prima donna ad aver realizzato il design di un’automobile: infatti, nel 1985 fu lanciata sul mercato la ‘Ford Laser Carla Zampatti’, realizzata in partnership con Ford Australia.
“Oggi gli uomini si sentono un po’ sopraffatti dalle donne. Hanno cercato di fermarci, ma non ci sono riusciti. Penso che il cambiamento più grande per le donne sia la loro libera scelta in ambito professionale: possono organizzare eventi, lavorare in una miniera, dar vita ad aziende – non c’è nessun limite. Sono molto più sicure e vogliono continuare a fare di più. Guardo le mie due figlie, ad esempio. Bianca è impegnata nella sua carriera da stilista e suo marito è con i bambini forse più di lei, mentre Allegra ha un marito che viaggia molto, ma quando c’è, si prende molta cura dei loro figli. Condividono gli impegni, non è più solo la donna a fare ogni cosa, ed è meraviglioso. Consentire alle donne di andare dove vogliono e di essere ciò che vogliono credo sia stato un grande passo per la crescita umana”.
E mentre è in corso il periodo di transizione relativo alla direzione dell’azienda che passerà presto nelle mani del suo primogenito Alex – “quando sei piccolo, tua madre ti indica la strada. Da adulto, invece, non vuoi che tua madre ti dica cosa fare. Penso sia esattamente questa la difficoltà”, ha scherzato –, Zampatti si guarda indietro, orgogliosa dei suoi figli e della realizzazione di quel sogno antico venuto al mondo in quella chiesa italiana sontuosamente decorata: “Sono fiera del nostro prodotto. È stata la mia evoluzione di donna e designer. Penso che continuerò a lavorare finché potrò. Non so cosa succederà tra due o tre anni, forse andrò in pensione e probabilmente impazzirò! - ha continuato la stilista scherzando -. Spero di riuscire a trovare un designer che stimi davvero e che possa prendere il mio posto. Questa è la mia sfida. Se domani un autobus dovesse colpirmi e dovessi lasciare il mio posto, penso che ci siano almeno una mezza dozzina di nomi australiani che possano occupare il mio ruolo. Intanto, sicuramente abbraccio forte il ricordo delle mie prime creazioni in vetrina e l’emozione di stringere, per la prima volta, i miei figli tra le braccia. Non c’è emozione, e dolore, più grande che portare alla luce una nuova vita”.