L’ormai celebre storico e divulgatore Alessandro Barbero è arrivato fino a Sydney per una conferenza al Canada Bay Club di Five Dock: ‘Dal Medioevo al Rinascimento alla società moderna’.
L’evento è stato fortemente voluto dalle Società Dante Alighieri di Roma, di Sydney e dalla sua presidente Concetta Cirigliano Perna, e reso poi possibile grazie alla collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura e la NIAWA (National Italian Australian Women Association).
La conferenza - svoltasi sotto forma di dialogo tra lo stesso Barbero, Cirigliano Perna e Paolo Barlera, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Sydney - ha avuto luogo sotto lo sguardo attento di oltre 300 persone, affluenza che ha dimostrato un entusiasmo palpabile e un seguito anche oltreoceano.
Storico, scrittore, accademico e divulgatore tra i più amati d’Italia, il professore è noto per la sua capacità di trasformare qualsiasi lezione in un’avventura. Barbero ci ha mostrato, ancora una volta, come la storia, se raccontata da chi la conosce e la ama, possa continuare a sorprenderci.
Dopo la laurea in Lettere a Torino e il dottorato alla Scuola Normale Superiore di Pisa, ha iniziato la carriera accademica come ricercatore all’Università di Roma Tor Vergata, per poi approdare nel 1998 all’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, dove ha insegnato Storia medievale fino al suo pensionamento nel 2024.
Oggi continua a viaggiare, scrivere, registrare conferenze e far innamorare il pubblico della storia, rigorosa ma mai noiosa. È anche volto televisivo, autore di romanzi storici e vanta un importante seguito anche su YouTube.
Con ironia tagliente e una memoria della materia che sembrava attingere alla biblioteca segreta del romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, ha smontato uno dopo l’altro i cliché che ci portiamo dietro dalle scuole elementari.
“Il Medioevo non è mai esistito”, ha detto senza mezzi termini. Non come lo immaginiamo, almeno. È una “narrazione creata a posteriori”, ha spiegato il professore, spesso per esaltare il Rinascimento.
Leggende anche le cinture di castità e lo ius primae noctis: “Se davvero fosse esistito, lo troveremmo scritto ovunque. E invece niente. Nemmeno nei documenti di chi protestava contro i soprusi”.
In sala c’era chi prendeva appunti, chi rideva a ogni battuta e chi annuiva rapito dal suo modo di comunicare e raccontare.
Barbero ha alternato precisione filologica e ritmo narrativo con una dialettica brillante, capace di unire rigore e teatralità, ed è questa la sua più grande qualità.
Poi, rispondendo a una domanda di Cirigliano Perna, ha raccontato come, pur escluse da certi diritti formali, le donne fossero protagoniste nella gestione della vita e nei momenti più delicati: nascita, educazione e morte.
E ancora, in risposta a Barlera, ha spiegato come nel Medioevo i contadini sapessero organizzarsi, fare comunità, far sentire la propria voce “E tutto questo… Senza nemmeno un cellulare!”, una battuta che ha divertito il pubblico, ma che ha anche sottolineato la capacità d’azione collettiva dell’epoca, spesso sottovalutata.
Secondo Barbero, il Rinascimento è stato il risultato di un processo lento e stratificato: “La stampa, la cupola di Brunelleschi, la scoperta dell’America... Non sono lampi nel buio, ma l’evoluzione naturale di un mondo che stava già cambiando – ha sottolineato –.
Per esaltare il nuovo, bisognava oscurare il vecchio e così è nato il mito di un Medioevo tetro”.
Nella seconda parte della conferenza, Barbero ha usato il passato per parlare del presente, e viceversa. Ha spiegato come ogni epoca costruisca miti di se stessa. L’idea di modernità, come civiltà superiore, spesso maschera nuove forme di disuguaglianza e rimozione della memoria e “in certi momenti, mille anni fa, avevamo idee più chiare su chi eravamo e su come funzionasse il mondo”.
Un invito, insomma, a non credersi troppo evoluti solo perché si vive nel presente. E forse, ha suggerito con un mezzo sorriso, anche la libertà degli intellettuali era più ampia, un’idea che il professore ha già espresso in altre occasioni: nel Medioevo, paradossalmente, il pensiero critico trovava più spazio, proprio perché mancava un controllo centralizzato capillare come quello odierno. Partendo dal pensiero di Foucault, secondo cui “ogni società ha il suo regime di verità”, ha ricordato come uno dei tratti distintivi del passaggio alla modernità sia stato proprio il cambiamento nei modi in cui si costruisce e si legittima il sapere storico.Gli abbiamo quindi chiesto se oggi, nell’era di intelligenza artificiale, dei social media e dei filtri algoritmici, stiamo vivendo un’altra rivoluzione del sapere. Una domanda che nasce proprio da quanto emerso nella conferenza: la storia come costruzione culturale, l’idea di modernità come narrazione e la fragilità crescente della verità condivisa.
“Oggi tutto è accessibile, ma è anche più fragile. Il rischio è che basti un’opinione infondata per far passare una bufala come verità. Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. E chi invece la conosce, è condannato a stare in un angolo a vedere gli altri che la ripetono – ha spiegato –. Il metodo storico resta lo stesso, basato su fonti, interpretazione e rigore, ma il contesto in cui il sapere circola è cambiato radicalmente, rendendo tutto più esposto alla manipolazione e alla fragilità”.
Quando gli abbiamo chiesto del nostro tempo, Barbero ha risposto che i passi avanti sono stati molteplici rispetto al passato: i diritti civili, il pluralismo, la libertà. Ma ha anche lanciato un allarme: “Viviamo in una società dove si parla tanto e si conosce poco. L’ideologia domina. La logica viene derisa, più che il Medioevo classico, mi pare stiamo tornando all’Alto Medioevo, quello delle invasioni barbariche”.
La sua seconda tappa australiana avrà luogo domani 22 aprile, all’interno di ‘Italian Way’, il festival della creatività italiana organizzato dal Consolato d’Italia a Perth alla University of Western Australia. L’incontro sarà dedicato al Risorgimento con ‘Garibaldi, Cavour e l’unità d’Italia’. La conferenza è stata un invito a guardare la storia e noi stessi con occhi più lucidi, oltre che un antidoto alla superficialità con cui troppo spesso si semplifica il passato e il presente. Chi c’era ne è uscito con uno sguardo diverso. E, forse, con qualche certezza in meno.