ROMA - La scorsa settimana il  Tribunale dei ministri di Roma ha archiviato la posizione dell’ex premier e di gran parte del suo esecutivo (Roberto Speranza, Luciana Lamorgese, Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio, Roberto Gualtieri e Alfonso Bonafede).

Gli esponenti del governo Conte 2 erano stati oggetto di una raffica di denunce arrivate da tutta Italia, a partire da tre anni fa esatti, da parte di familiari delle vittime riuniti in comitati, associazioni di consumatori e rappresentanti di sigle sindacali, che sono stati però ritenuti insussistenti da un collegio di giudici appositamente chiamato a valutare i reati cosiddetti “ministeriali”. Per la Corte, infatti, le decisioni nella gestione della pandemia del governo guidato da Giuseppe Conte erano di evidente ‘carattere politico’ e i ritardi e le inefficienze nell’adozione delle misure organizzative e restrittive, necessarie a fronteggiare il Covid nella prima fase dell’emergenza, non hanno causato l’epidemia. 

L’ex premier Giuseppe Conte, assieme all’ex ministro Speranza e al governatore della Lombardia, resta invece indagato a Bergamo per la mancata istituzione della zona Rossa in Valseriana e in merito alla quale spuntano ancora molti particolari.

E' stato infatti accertato che l’11 febbraio 2020, una decina di giorni prima del primo caso Covid a Codogno, l’allora viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri. chiese di “effettuare una ricognizione sui reparti di malattie infettive esistenti, sul numero dei posti letto dedicati 24 ore su 24, sul numero dei respiratori e di personale disponibile”. Ma Giuseppe Ruocco, all’epoca segretario generale del ministero e anche lui finito tra gli indagati, avrebbe risposto che era “sufficiente” una “mappatura rispetto a uno scenario di bassa gravità”. Invece, come ha messo a verbale l’allora capo di Gabinetto del ministero, Goffredo Zaccardi, sarebbe stata “una scelta del presidente del Consiglio e degli altri ministri” opporsi alla zona rossa a Nembro e Alzano lombardo, per la quale invece il “ministro Speranza era favorevole”. 

Secondo quanto affermato poi dal ricercatore dell’Oms, Francesco Zambon, il 7 marzo 2020, due settimane dopo il Paziente 1, in una call con le Regioni italiane più colpite, chiesta dall’Oms, il Dg del welfare lombardo Luigi Cajazzo “presentò un quadro epidemiologico piuttosto allarmante”, prevedendo al 26 marzo “2000 pazienti in terapia intensiva”. Il dirigente chiese pertanto “immediate misure restrittive” e di “chiudere i confini della Lombardia”, in quanto era una “questione di vita o di morte”. Ma dall’Oms “si mostrò esitazione” e dubbi sulla “scientificità delle azioni richieste”.

Intanto, giovedì scorso, sono arrivate in Procura, a Roma, le carte trasmesse da Bergamo per competenza territoriale e relative allo stralcio della maxi indagine sul Covid. All’attenzione del procuratore aggiunto Paolo Ielo una tranche di indagine che vede iscritti, a Bergamo, 13 persone tra cui gli ex ministri della Sanità, Speranza, Beatrice Lorenzin, Giulia Grillo,  una serie di tecnici del ministero, l’ex numero due dell’Organizzazione mondiale della sanità, Ranieri Guerra, e anche il presidente dell’Istituto superiore della sanità, Silvio Brusaferro.

Nei confronti dei tre ministri in particolare, i pm lombardi imputano la responsabilità per il mancato aggiornamento del piano pandemico. Tra i reati contestati, a seconda delle posizioni, anche l’omissione di atti di ufficio, falso e truffa. Nei confronti di Guerra e dei tecnici coinvolti, la Procura di Bergamo contesta invece la responsabilità “per i dati falsi comunicati a Oms e Commissione europea”. 
Nei prossimi giorni i pm romani vaglieranno le posizioni e decideranno se procedere all’iscrizione nel registro degli indagati a Roma.