FIRENZE - È stato trovato anche il corpo dell’ultima persona data per dispersa nell’esplosione del deposito Eni a Calenzano: il conteggio definitivo delle vittime sale quindi a cinque. In mattinata erano stati trovati i corpi di altri due dei dispersi che mancavano all’appello.  

Per il presidente della Toscana, Eugenio Giani, si tratta di “una tragedia di entità fortissima”, ma sottolinea che poteva essere anche più grave, visto che accanto alla pensilina di ricarica ci sono almeno venti cisterne di carburante. Se vi fosse stato l’innesto di una catena tra l’incendio dalla pensilina e le cisterne, “chissà cosa sarebbe successo”, dichiara.  

Intanto, il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, ha effettuato un primo sopralluogo all’interno del deposito Eni, dove in mattinata è arrivato anche il sottosegretario agli Interni, Emanuele Prisco. 

Il procuratore ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo. E sono al vaglio anche le ipotesi dei reati di disastro colposo e lesioni colpose aggravate dalle violazioni delle norme sulla sicurezza sul lavoro. 

A esplodere, innescando l’incendio, sarebbe stata una delle autobotti presso le pensiline di carico, nella zona dove viene caricato il carburante. “Allo stato attuale è possibile evidenziare che, al momento dell’esplosione, erano presenti diverse autobotti parcheggiate all’altezza degli stalli di approvvigionamento del carburante”, ha detto il magistrato dopo il lungo sopralluogo. 

I feriti non gravi sono stati tutti dimessi o sono in fase di dimissione dall’ospedale fiorentino di Careggi e l’ospedale di Prato. Tre i ricoverati in codice rosso: due sono stati portati al centro grandi ustionati di Pisa, entrambi in condizioni molto gravi, e un terzo si trova in subintensiva a Careggi. 

A seguito dell’incidente, è stato proclamato uno sciopero di due ore, con assemblea e presidio davanti alla raffineria Eni di Livorno, da Fim, Fiom, Uilm di Livorno e il Coordinamento Rsu delle ditte dell’indotto Eni. Almeno 500 lavoratori si sono riuniti in davanti ai cancelli.  

“Lo sgomento è per quei lavoratori e per le loro famiglie”, dicono i sindacati, secondo cui “questa è una guerra silenziosa che sembra non finire mai e suscita interesse sempre solo dopo tragedie come questa. La rabbia, perché non si può morire lavorando”. 

L’esplosione di Calenzano allunga la lista degli incidenti mortali sul lavoro nel 2024, in un anno che ha visto tre vere e proprie stragi. 

È a Firenze, il 16 febbraio, che inizia la scia di sangue, con l’incidente al cantiere della costruzione di un supermercato della Esselunga, dove il cedimento di una struttura in cemento armato uccide quattro operai e un trasportatore.  

Un mese e mezzo dopo, il 9 aprile, a Suviana (sull’Appennino bolognese), nella centrale elettrica Enel, una turbina esplode all’ottavo piano sotto lo zero, causando prima un incendio e poi l’allagamento del nono livello, con crollo di un solaio. Nell’incidente muoiono  sette operai, che erano al lavoro per la messa in opera di adeguamenti della centrale. 

Il 6 maggio, infine, i cinque morti a Casteldaccia, nel Palermitano, che facevano parte di una squadra impegnata in un lavoro in una fogna per conto dell’Amap, società per la gestione delle condotte idriche e fognarie di Palermo. Hanno perso la vita dopo essersi calati in un cunicolo da un tombino esterno. 

Un dato purtroppo in linea con la tragica tendenza di quest’anno, fotografata dall’Inail, che evidenzia 890 denunce di morti sul lavoro in 10 mesi e quasi mezzo milione di denunce di infortunio.