SYDNEY – L’inflazione in Australia è scesa al 2,7% nei 12 mesi conclusi ad agosto, rispetto al 3,5% di luglio, grazie principalmente a un significativo calo dei prezzi dell’elettricità, riportando l’inflazione all’interno della fascia di riferimento della Banca Centrale per la prima volta in quasi tre anni.

Gli sconti governativi sulle bollette elettriche, sia a livello federale che statale, hanno contribuito a ridurre le bollette del 17,9%, il calo più rilevante mai registrato. Senza questi sussidi, le bollette dell’elettricità sarebbero aumentate del 16,6% dallo scorso giugno, secondo l’Istituto australiano di statistica.

Nonostante l’andamento positivo dell’inflazione, non ci sono però ancora buone notizie per i titolari di mutui. Il ‘trimmed mean’, la misura che esclude le variazioni temporanee dei prezzi, si è assestato infatti al 3,4% in agosto, con una flessione di quattro decimi di punto rispetto al 3,8% di luglio, ma ancora al di sopra dell’obiettivo a cui punta la Reserve Bank. Questa misura è particolarmente rilevante per le decisioni sui tassi d’interesse della banca, che la considera un indicatore più affidabile sull’andamento dell’inflazione rispetto al tasso mensile complessivo. 

Già nelle scorse settimane, infatti, la governatrice della RBA, Michele Bullock, aveva sottolineato come i dati mensili, essendo volatili, avessero meno peso rispetto ai dati trimestrali che saranno disponibili a ottobre. Al momento, i prezzi di alcool e tabacco sono aumentati del 6,6%, quelli di cibo e bevande del 3,4% e le spese legate alle abitazioni del 2,6%. In controtendenza, il settore dei trasporti, che ha registrato una diminuzione dell’1,1%, mentre il carburante è sceso del 7,6%.

Il giorno prima della pubblicazione degli ultimi dati sull’inflazione, la Reserve Bank aveva deciso di non ritoccare per altre sei settimane i tassi d’interesse, almeno fino alla prossima riunione del consiglio della RBA prevista all’inizio di novembre.  

La decisione di mantenere i tassi stabili era largamente attesa dai mercati e dagli economisti, ma è stata presa a fronte di crescenti richieste di un taglio.

Aspettative e speranze di un taglio al costo del denaro si erano infittite in seguito alla decisione presa la scorsa settimana da parte della Federal Reserve americana di tagliare i tassi di un solido mezzo punto percentuale, mentre altri tagli sono stati annunciati per il futuro. Gli Stati Uniti avevano deciso di allinearsi alle decisioni in materia di politica monetaria prese negli ultimi mesi da diverse economie avanzate come l’Unione Europea, Regno Unito, Canada, Nuova Zelanda, Cina e altri Paesi.

Martedì mattina, poche ore prima che fosse confermata l’ultima decisione della RBA, la Banca popolare cinese ha annunciato un’altra serie di tagli dei tassi, parallelamente a misure di stimolo soprattutto al settore immobiliare.   

Nella dichiarazione in cui ha annunciato la decisione sui tassi, il consiglio della RBA ha affermato che l’inflazione è ancora troppo elevata perché i tassi d’interesse possano essere tagliati.

“L’inflazione è diminuita sostanzialmente dal picco del 2022, poiché i tassi d’interesse più elevati hanno contribuito a portare la domanda aggregata e l’offerta più vicine all’equilibrio, ma l’inflazione è ancora leggermente al di sopra del punto medio prefissato del 2-3%”.

Negli ultimi mesi, la governatrice Michele Bullock ha ripetutamente affermato di avere bisogno di riscontrare maggiori segnali che testimonino che l’inflazione stia scendendo in modo deciso prima di pensare a tagliare i tassi.