L’appuntamento è un sabato di metà aprile a Pilar, conurbano di Buenos Aires. Zona di contraddizioni e di contrasti, come tutta l’Argentina, zona di country (quartieri privati) e di villas miserias separati da un muro, il cui unico contatto è costituito dalle donne della villas che lavorano come domestiche nelle ville dei country.
Nel salone dell’Asociación Italiana sono sedute 20 persone, arrivate da diverse parti della Provincia: Morón, Marcos Paz, Sarate, Las Heras, Mercedes, Mariano Acosta… Sul tavolo, le presenze immancabili in ogni riunione: caffè, mate e medialunas, a riaffermare l’inscindibile legame tra cultura creola e italiana. Siamo infatti all’assemblea di FAIA (Federación de Asociaciones Italianas en Argentina), costituita da un gruppo di società mutualistiche (le vecchie società di mutuo soccorso), alcune delle quali con una storia di oltre cento anni. Artefice, animatore e gran maestro di cerimonia è Francesco Matina, calabrese doc, presidente della FAIA, oltre che della Società Italiana di Morón.
In FAIA convivono società che in origine monarchiche, accanto ad altre di stampo repubblicano-mazziniano: una per tutte, Mercedes, di cui è stato presidente onorario, nel 1872, Giuseppe Garibaldi.
“E poi ci sono le società giovani, come quella di Mariano Acosta, fondata sette anni fa – spiega Matina –. E i nuovi ingressi in FAIA: realtà magari centenarie che hanno deciso di unirsi alla federazione”.
Il riferimento, non senza una punta di soddisfazione, è alla società di Suipacha, a nord di Buenos Aires, fondata il primo novembre del 1880, ma affiliata alla FAIA da poche settimane.
“Le prime società mutualistiche – ricorda il presidente – nacquero per provvedere ai bisogni dei migranti più poveri, offrendo soprattutto cure mediche gratis in zone dove non c’era nemmeno un ospedale”. Poi gli ospedali li hanno ottenuti, proprio grazie alla loro insistenza verso le istituzioni.
E oggi?
“Il mondo cambia, quando andavo a scuola io usavamo ancora pennino e calamaio – afferma Matina –. Come FAIA, dobbiamo proporci una meta. Aprirci. Ricordare che non esiste solo la Provincia di Buenos Aires, possiamo federare qualsiasi associazione sul territorio argentino. L’importante è il pluralismo: fare onore a tutte le società, indipendentemente dall’anno di fondazione e dal numero di iscritti”.
E poi il ricambio generazionale, punto dolente. E l’inclusione femminile, visto che alcune società non hanno mai aggiornato lo statuto originario, che esclude le donne dalle cariche direttive. E forse non è un caso che all’assemblea siano presenti solo tre signore, sebbene molto vivaci e con incarichi di responsabilità nelle rispettive associazioni.
In questo senso, grazie anche al pranzo finale dove a prevalere sono le risate e le chiacchiere allegre, l’assemblea non si limita a un obbligo burocratico, ma si trasforma in un momento di incontro.
Per conoscersi, mantenere vivi i rapporti e aiutare le società più giovani a ottenere fonti di finanziamento, rendicontare, districarsi nella burocrazia argentina. E incorporare nuove realtà e nuove forze, linfa vitale per il mondo associativo.