MELBOURNE - Da piccola, Leiah Cook si divertiva a parlare una lingua inventata da lei e a fingere con i suoi coetanei al parco di provenire da un luogo lontano dal Gippsland, la regione orientale del Victoria dove è cresciuta.
La fortuna di imparare una lingua straniera “vera” le si presentò solo alle superiori: la sua scuola ne offriva tre e Leiah scelse l’italiano dopo essersi cimentata anche con l’indonesiano e il francese. Da allora, e con l’eccezione dell’Anno 12, lo studio della lingua del Bel Paese l’ha sempre accompagnata, portandola a diventare insegnante di lingue, inizialmente alle superiori, tra gli altri al Lavalla College, dove presentava i corsi di italiano e teatro, un’altra delle sue passioni. “Ora mi trovo nella fortunata posizione di insegnare italiano in due asili e due scuole elementari”, dove la lingua è stata introdotta proprio grazie al suo arrivo. Leiah è anche la responsabile per l’Ufficio cattolico per l’istruzione (CEO) del team di docenti di lingua del distretto orientale del Gippsland.
Lungi dal sentirsi “arrivata”, l’insegnante non smette di affinare le proprie competenze, sufficienti per il suo lavoro ma non ancora al livello a cui aspira: “Sento di non avere ancora una perfetta padronanza, non ho origini italiane e dove abito non c’è una comunità italiana con cui fare praticare”. Quella del docente di lingue può essere una “vita solitaria” in aree regionali e, in questo senso, è stato di grande beneficio il corso di formazione presso la Romanica Accademia italiana di Modena frequentato da Leiah alla fine dello scorso anno grazie alla borsa di studio vinta nell’ambito degli Italian Education Awards. Un’occasione preziosa per migliorare la grammatica (e il congiuntivo), ampliare il vocabolario e acquistare risorse difficili da reperire in Australia.
“Dal viaggio, ho portato a casa anche molti aneddoti sulla vita in Italia, i bambini adorano le storie”. Capita spesso, infatti, che i suoi studenti interrompano la lezione con domande scaturite dalla curiosità verso un luogo tanto distante da loro. E Leiah è ben contenta di fermarsi a rispondere e di scegliere assieme ai bambini gli argomenti successivi da affrontare in base ai loro interessi. Il loro coinvolgimento è fondamentale: “Se ti concentri su di loro e ti basi sui loro punti di forza, tirerai fuori il meglio”, spiega. Bisogna riuscire a “convincerli”, dimostrando la propria passione: se non ce l’hai, i bambini lo capiscono e non saranno mai abbastanza motivati per fare progressi. Importante è anche condividere la propria esperienza, facendo capire che la padronanza di una lingua è alla portata di tutti, anche di bambini che crescono in zone rurali e partono con la sola conoscenza dell’inglese, come ha fatto Leiah stessa.
Ovviamente, “l’italiano non è una materia che proseguiranno tutti, non è realistico pensare che alla fine dell’Anno 6 vorranno tutti essere insegnanti di italiano”. Quello che Leiah ha a cuore è che le sue lezioni siano divertenti, una fuga dalla pressione e dalle aspettative che si hanno sugli studenti in termini di risultati. Con un approccio pratico, che si focalizza sull’oralità, sui giochi e la musica, Leiah riesce comunque a vedere progressi anche in chi arranca in inglese o matematica, a dispetto del tempo limitato a disposizione: “Alle elementari è come insegnare in una pentola a pressione: devi assicurarti di presentare un programma ricco in appena 45 minuti settimanali, fornendo anche materiale per il lavoro a casa a quei bambini che vogliono saperne di più”.
All’asilo, invece, Leiah ha a disposizione tre ore a settimana e l’interruzione per il COVID-19 ha messo un po’ i freni all’apprendimento. I frutti del suo paziente lavoro stanno comunque arrivando, grazie anche ad alcuni piccoli “motivatori”: i bambini che già conoscono qualche parola o canzone in italiano per via dei fratelli maggiori che studiano alle elementari con Leiah che, grazie al suo doppio ruolo, riuscirà a dare continuità al programma nella zona.
L’educatrice cerca di promuovere la lingua anche tra i colleghi, rendendola una materia rilevante e non da mettere in secondo piano come può capitare. Nel caso della didattica a distanza, per esempio, l’italiano non ha certamente avuto un ruolo prioritario, per cercare di alleviare il carico di lavoro sulle famiglie. La differenza tra chi ha continuato a ripassare e chi non ha praticato la lingua c’è, ma Leiah non demorde e, anche grazie al rinnovato entusiasmo che le ha dato il viaggio in Italia, continua a portare un pezzetto della Penisola in Gippsland.