TEL AVIV - La forte pressione internazionale ha spinto il governo di Benyamin Netanyahu a disporre la ripresa degli aiuti e annunciare una tregua umanitaria di 24 ore nella giornata di ieri in alcune zone di Gaza per facilitare la distribuzione di cibo e beni di prima necessità.
Diversi centri abitati della Striscia sono stati oggetto del cessate il fuoco umanitario, tra cui la zona settentrionale, ha fatto sapere il ministro degli Esteri di Israele, Gideon Sa’ar, al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, durante una conversazione telefonica. Il ministro israeliano ha confermato che le Idf consentiranno all’Onu e alle organizzazioni umanitarie un accesso sicuro ai centri abitati. “Tregue umanitarie verranno ripetute di volta in volta, in base alla necessità e allo scopo di riportare alimenti e medicine a livello adeguato in tutta la Striscia”, ha assicurato Sa’ar.
L’Idf ha poi effettuato i primi lanci di aiuti umanitari dal cielo su Gaza, in collaborazione con le organizzazioni internazionali. Da giorni Hamas denuncia una situazione disperata, lo scioccante preludio di un “imminente disastro umanitario senza precedenti” a Gaza: centomila bambini di età inferiore ai due anni, tra cui 40mila neonati, rischierebbero di morire entro pochi giorni per la “totale mancanza di latte per bambini e di integratori nutrizionali”, causato dalla “continua chiusura dei valichi e all’impedimento dell’ingresso dei più semplici rifornimenti di base”.
L’apertura israeliana è giunta in un contesto umanitario che Regno Unito, Francia e Germania avevano definito “spaventoso” e, nel tentativo di portare sollievo ai gazawi, avevano annunciato un piano congiunto per la distribuzione aerea di aiuti nella Striscia, in partnership con Paesi come la Giordania e col benestare di Israele. Un tentativo estremo che non convince l’Onu, secondo cui paracadutare i beni di prima necessità rappresenta un sistema “inefficiente e costoso”. E un modo per “distrarre” l’attenzione dall’“inazione” di Tel Aviv.
“Trasportare i beni è molto più facile, più efficace, più veloce, più economico e più sicuro”, ha spiegato il commissario dell’Unrwa, Philippe Lazzarini. Ma per Israele, rappresenta il modo in cui Hamas si appropria degli aiuti senza lasciare nulla alla popolazione civile.
Una narrazione di cui tuttavia non ci sarebbe riscontro, secondo quanto riportato dal New York Times, che ha citato due alti ufficiali militari israeliani e altri due israeliani coinvolti nella vicenda, che hanno affermato che lo Stato ebraico non avrebbe prove di alcun presunto sistematico saccheggio degli aiuti dell’Onu da parte dei miliziani palestinesi.
Mentre prosegue il rimpallo di accuse, il cibo e i beni essenziali restano per settimane sotto il sole cocente, finendo drammaticamente per deteriorarsi. Tanto che l’Idf ha distrutto decine di migliaia di aiuti umanitari, tra cui ingenti quantità di cibo destinato ai residenti di Gaza, dopo essere scaduti perché rimasti fermi troppo a lungo sul lato palestinese del valico di Kerem Shalom.
Che le pressioni internazionali abbiano aiutato a risolvere lo stallo della distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza è incontestabile, anche guardando alla forte reazione provocata all’annuncio da parte del presidente francese Emmanuel Macron, di voler riconoscere lo Stato Palestinese.
Una dichiarazione a cui il primo ministro israeliano ha risposto duramente, sostenendo che il riconoscimento francese della Palestina “premia il terrorismo”. Anche il presidente americano Donald Trump ha commentato, a modo suo, la scelta del capo dell’Eliseo dicendo che “quello che dice (Macron) non conta”.
Da parte sua, il primo ministro Anthony Albanese ha dichiarato che l’Australia non intende riconoscere uno Stato palestinese “in maniera imminente”, come invece ha deciso di fare la Francia, ma si è detto aperto a farlo qualora ci fossero garanzie adeguate sulla fattibilità di tale Stato. Albanese ha tuttavia affermato che le azioni israeliane rappresentano “una violazione della decenza umana e della moralità”.
E, mentre a Gaza regna il caos sugli aiuti e proseguono i bombardamenti su tutta la Striscia, si continua a morire e la tregua resta lontana, come testimoniato anche dalle ultime dichiarazioni di Trump che si è scagliato contro Hamas accusandolo di “non volere realmente” un accordo per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi e prigionieri, dopo il fallimento dei colloqui di Doha della scorsa settimana che, secondo l’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff, sarebbero naufragati proprio per colpa di Hamas.