TEL AVIV - Sabato Israele saprà, sempre che Hamas mantenga l’impegno, quanti – dei 33 ostaggi che saranno liberati nella prima fase dell’accordo – sono vivi e quanti morti.

Contestualmente al rilascio di altri quattro ostaggi, i cui nomi dovranno essere comunicati entro le 16 di venerdì a Gerusalemme dal Qatar, l’organizzazione terroristica dovrebbe fornire per la prima volta l’elenco dei nomi e dichiarare le loro condizioni. In realtà, in serata, la tv israeliana Kan ha fatto sapere che probabilmente saranno fornite solo le cifre dei rapiti vivi e di quelli morti, senza precisarne i nomi. 

Hamas, per voce del capo della fazione in Cisgiordania, Zahar Jabarin, ha confermato che “domani saranno forniti ai mediatori i nomi dei quattro rapiti da liberare sabato, nel secondo gruppo della prima fase dell’accordo”, senza altri dettagli, neanche sul fatto che si tratti - come si prevede - di altre quattro donne. 

Israele intanto ha fatto sapere ai negoziatori, con una certa preoccupazione, che tra i prossimi ostaggi liberi si aspetta che venga inclusa Arbel Yehud, 29 anni, la quale avrebbe dovuto essere rilasciata già domenica scorsa. I timori sono legati alla possibilità concreta che la giovane sia tenuta prigioniera da un gruppo vicino alla Jihad islamica e che Hamas possa rinviare il suo rilascio.  

Le altre dovrebbero essere tre delle soldatesse osservatrici. Ma della “lista umanitaria” fanno parte anche i due fratellini Kfir e Arie Bibas, di 2 e 5 anni, e la madre Shiri, quindi fino all’ultimo minuto non sarà chiaro chi tornerà a casa. Arbel e Shiri sono due delle sette donne ancora in cattività a Gaza.  

Nello scambio, Israele dovrà scarcerare almeno 180 detenuti palestinesi e, a differenza di quanto accaduto con il primo gruppo, rimetterà in libertà anche i cosiddetti “terroristi con le mani sporche di sangue”, ossia condannati per attentati che hanno provocato vittime civili israeliane. 

Secondo il criterio stabilito nell’intesa, 30 detenuti palestinesi saranno rilasciati per ogni donna civile e 50 prigionieri per ogni donna soldato (di cui 30 ergastolani e 20 prigionieri comuni). In totale, dovrebbero essere liberati 150 ergastolani e altri 100 detenuti che scontano condanne diverse. 

Le cifre comunque non sempre tornano: secondo alcuni media israeliani, Israele dovrebbe rilasciare, per 33 ostaggi, quasi 2.000 terroristi - di cui 1.000 gazawi catturati nella Striscia dopo il 7 ottobre e non coinvolti nel massacro - insieme con circa 290 terroristi assassini condannati all’ergastolo.

Questi ultimi non torneranno in Cisgiordania ma saranno esiliati in un paese terzo: Qatar, Turchia, Algeria. Gli altri potranno tornare a casa loro in Cisgiordania dove, da tre giorni, è in corso una potente operazione delle forze speciali, dell’Idf (Forze di difesa israeliane) e dello Shin Bet (agenzia d’intelligence israeliana) nel campo di Jenin, ritenuto sede delle fazioni di Hamas e Jihad islamica palestinese e dove si trovano i magazzini di armi fornite dall’Iran.  

L’operazione Muro di ferro, annunciata martedì da Benyamin Netanyahu, sembra avere anche lo scopo di “ripulire” il campo profughi di Jenin da quei terroristi pronti a espandere gli attentati contro civili e truppe israeliane, anche in vista della scarcerazione del leader carismatico Zakaria Zubeidi che, con un passato segnato da gravi attentati, è riconosciuto come leader di peso da tutte le fazioni. 

Centinaia di civili sono stati evacuati da Jenin. Nel frattempo, il ministero della Propaganda di Hamas ha affermato che i cittadini di Gaza potranno spostarsi, da domenica mattina, dal sud e dal centro della Striscia al nord.

L’esercito in serata ha confermato che le truppe hanno aperto il fuoco nel sud di Gaza contro individui armati che “si sono mossi verso di loro in modo sospetto” e che a Rafah i militari hanno sparato contro un’altra persona armata.  

Giovedì mattina, i servizi di soccorso di Hamas hanno dichiarato che due palestinesi sono stati uccisi dal fuoco dei carri armati israeliani a Tel al-Sultan, vicino Rafah.

In serata il gabinetto di sicurezza israeliano si è riunito: il focus, oltre alla liberazione degli ostaggi è anche sul ritiro delle forze di difesa (Idf) dal sud del Libano. Israele, infatti, avrebbe chiesto ai mediatori internazionali un’estensione di un mese (dal 27 gennaio), in attesa che l’esercito libanese prenda tutte le postazioni finora occupate dall’Idf. Parigi, si è appreso, non avrebbe posto veti, mente il presidente Usa Donald Trump sarebbe contrario.