TEL AVIV - Ronen Bar ha fatto la storia in Israele, diventando il primo capo dello Shin Bet a essere licenziato dal governo. Il 59enne era diventato la “bestia nera” per l’esecutivo di estrema destra di Benjamin Netanyahu che nella notte ha votato compattamente per cacciarlo.

L’annuncio già la settimana scorsa aveva innescato vaste proteste di piazza con scontri, e a migliaia hanno nuovamente sfidato la pioggia, come nei giorni precedenti, per manifestare contro la decisione. 

I partiti di opposizione hanno presentato una petizione alla Corte Suprema, ottenendo un ordine temporaneo che blocca il licenziamento di Bar fino all’udienza in merito, ma il suo futuro resta incerto e ha aperto un nuovo scontro tra i vertici politici e il sistema giudiziario.

Il ministro delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, ha infatti risposto intimando alla magistratura di non interferire: “Questa è l’autorità del governo, il vostro ordine è nullo”. Mentre il ministro di estrema destra Itamar Ben-Gvir, appena tornato al governo, ha rivolto un secco appello ad attuare “la riforma della giustizia subito!”. 

E domenica potrebbe essere il turno della procuratrice generale Gali Baharav-Miara a essere cacciata: il ministro della Giustizia Yariv Levin ha presentato una richiesta di voto di sfiducia, sostenendo che “sotto la sua guida, l’ufficio del procuratore generale è diventato un’autorità politica tirannica, che agisce come il lungo braccio dell’opposizione”. Nella mozione si denuncia “il suo comportamento inappropriato e l’esistenza di disaccordi sostanziali e prolungati che creano una situazione che impedisce un’efficace cooperazione” con il governo. 

Ex membro dell’unità d’elite dell’esercito Sayeret Matkal (come il premier), Bar è entrato a far parte dell’agenzia di intelligence interna nel 1993, dopo aver conseguito lauree in Scienze politiche e filosofia all’Università di Tel Aviv e un master in pubblica amministrazione ad Harvard. Bar, che parla arabo, ha iniziato come ufficiale di campo nell'unità operativa dello Shin Bet, prendendo parte a numerose operazioni nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e in Libano. 

Nel 2011 è stato nominato capo della divisione operativa e ha assunto la responsabilità della missione che ha portato all’assassinio di Ahmed Jabari, un leader dell’ala militare di Hamas. Tre anni dopo, ha guidato le operazioni di ricerca di tre coloni adolescenti rapiti in Cisgiordania e la caccia ai loro assassini dopo il ritrovamento dei corpi. Nel 2018 è stato promosso come numero due dell’agenzia e, alla fine, del 2021 l’allora governo di Naftali Bennett lo ha promosso alla guida dello Shin Bet per un mandato di cinque anni. 

Un anno più tardi sono nate le frizioni con Netanyahu, tornato in carica come premier grazie all’alleanza con gli ultraortodossi e soprattutto i partiti di estrema destra, per la prima volta al potere in Israele. Bar è entrato in rotta di collisione con il ministro per la Sicurezza nazionale e leader di estrema destra, Itamar Ben-Gvir e ha puntato il dito contro il controverso atteggiamento e operato della polizia sotto il suo controllo, che crea risentimento fra i residenti palestinesi nella Città Vecchia e a Gerusalemme Est. 

Tra i punti di attrito, le dichiarazioni incendiarie del leader di Otzma Yehudit e le sue molteplici visite al Monte del Tempio, per i musulmani la Spianata delle Moschee, luogo sacro per entrambe le religioni, altamente sensibile ed epicentro di scontri.

A marzo 2023, durante il picco delle vaste proteste popolari contro il progetto di riforma della giustizia promosso con forza dal governo, Bar ha avvertito Netanyahu che c’era un collegamento “tra le minacce alla sicurezza e la situazione sociale in Israele”. Parole che hanno segnato la sua relazione con il premier. 

Ciliegina sulla torta, la sua denuncia del “terrorismo ebraico” che non è piaciuta ai vertici politici del Paese: nell’agosto 2024, Bar ha scritto una lettera indirizzata al premier e ai ministri, denunciando il terrorismo dei coloni in Cisgiordania ormai fuori controllo. 

Ad aggravare la situazione tra Bar e Netanyahu è arrivato il rapporto interno sull’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, presentato all’inizio di questo mese. Nel documento, lo Shin Bet si è assunto le responsabilità del fallimento della sicurezza ma ha anche sottolineato come la politica portata avanti nei confronti del gruppo palestinese - in primis da Netanyahu negli ultimi 15 anni - ha permesso il “rafforzamento militare” di Hamas, con conseguenze nefaste. 

La pietra tombale per Bar, infine, è stata l’indagine avviata dall’agenzia di intelligence interna sul cosiddetto Qatargate, lo scandalo sui presunti pagamenti da parte di Doha a consiglieri legati al premier. Netanyahu ha tentato da subito di minimizzare la situazione, liquidando come “prive di fondamento” le indagini in corso. 

“La riprovevole collaborazione tra il Deep State e i media è antidemocratica e non avrà successo”, ha affermato all’inizio di marzo alla Knesset. Dieci giorni dopo ha annunciato l’intenzione, senza precedenti, di licenziare il capo dello Shin Bet, sostenendo che si era venuta a creare “una crescente mancanza di fiducia, professionale e personale” che impediva la collaborazione e metteva a rischio la sicurezza del Paese.  

Accusa respinta al mittente da Bar, che in una lettera difensiva fatta recapitare ieri sera al governo, riunito per votare la sua cacciata, ha denunciato gli “interessi personali” di Netanyahu, puntando il dito contro “affermazioni infondate che non sono altro che una copertura per motivi completamente diversi, estranei e fondamentalmente non validi”. Nella missiva, Bar ha inoltre accusato il premier di aver sabotato i negoziati per il rilascio degli ostaggi e di adottare misure che indeboliscono il Paese “sia internamente che contro i suoi nemici”. 

Già all’annuncio del suo licenziamento, la settimana scorsa, Bar si era difeso sottolineando che il suo “dovere di lealtà è innanzitutto nei confronti dei cittadini israeliani. L’aspettativa del primo ministro di un dovere di lealtà personale, il cui scopo contraddice l’interesse pubblico, è un’aspettativa fondamentalmente illegittima” e “contraria alla legge dello Shin Bet e ai suoi valori”. 

Bar aveva anche sostenuto “la necessità di indagare”, in merito al 7 ottobre, “tutte le parti, inclusa la politica governativa e il primo ministro, e non solo l’Idf e lo Shin Bet”. Netanyahu si è finora opposto all’istituzione di una commissione statale con la motivazione che ci sarà tempo alla fine della guerra per indagare, sostenendo che ora il comitato sarebbe politicizzato e i “risultati già decisi”. Ma con una premonizione di come sarebbe andata a finire, il capo dello Shin Bet aveva ribadito: “Se non insisto su questo, con tutto il prezzo personale che pagherò, fallirò nel mio ruolo di garantire la sicurezza dello Stato”.