ROMA – Un Paese che invecchia, con più occupati ma con salari reali ancora lontani dal recupero post-inflazione, mentre cresce il rischio povertà: il Rapporto annuale dell'Istat descrive un’Italia più istruita e con più lavoro, ma con produttività in calo e forti rischi per il ricambio generazionale nelle imprese. 

La popolazione invecchia rapidamente, mentre le nascite scendono al minimo storico: appena 370mila neonati nel 2024, a fronte di 4,6 milioni di ultraottantenni, ormai più numerosi dei bambini sotto i 10 anni. 

Le retribuzioni contrattuali reali recuperano solo in parte quanto perso con l’inflazione, restando a fine 2024 inferiori del 10,5% rispetto all’inizio del 2019. Le retribuzioni di fatto, che considerano anche premi integrativi e la diversa composizione occupazionale, segnano invece una perdita più contenuta, pari al 4,4%. 

Guardando al reddito da lavoro complessivo, incluso il lavoro autonomo, e ampliando lo sguardo agli ultimi 20 anni, il potere d’acquisto per singolo occupato risulta in calo del 7,3%. Tuttavia, tra il 2004 e il 2024, il reddito familiare equivalente è aumentato del 6,3%, grazie a cambiamenti demografici (meno famiglie con figli), a un maggior numero di occupati per nucleo e alla crescente diffusione della casa di proprietà.  

In pratica, il reddito reale da lavoro per occupato è diminuito, ma quello delle famiglie è cresciuto grazie all’ingresso di un secondo stipendio e alla riduzione della dimensione familiare. 

L’occupazione è aumentata, ma a fronte di una diminuzione della produttività media, poiché la crescita si è concentrata nei settori a bassa intensità di capitale e alta intensità di lavoro, come turismo e ristorazione. 

Nel 2024 si sono registrati 352mila occupati in più, con una crescita rallentata rispetto al 2023 e concentrata per l’80% tra gli over 50. Un dato dovuto sia all’invecchiamento della popolazione che al rallentamento dei pensionamenti anticipati, che ha trattenuto al lavoro la fascia più anziana.  

Quasi un quarto della popolazione (il 23,1%) è a rischio povertà o esclusione sociale (redditi inferiori al 60% di quello mediano, deprivazione materiale o bassa intensità lavorativa), in lieve aumento rispetto al 2023 (+0,3 punti). Nel Mezzogiorno, la quota sale al 39,8%, con quasi 4 persone su 10 in condizioni di disagio economico. 

Il rischio aumenta tra i giovani, tra le famiglie con stranieri e in quelle colpite da separazioni o decessi. Le difficoltà economiche si riflettono anche sulla salute: nel 2024, il 9,9% degli italiani ha rinunciato a visite o esami specialistici, in aumento rispetto al 7,5% del 2023. 

L’Istat segnala per il 2025 un rallentamento della crescita, rispetto al già modesto andamento del 2024, a causa principalmente delle evoluzioni delle politiche commerciali globali. Migliorano però i conti pubblici, con l’indebitamento netto in calo dal 7,2% al 3,4% del Pil, e un debito salito solo di sette decimi al 135,3%, meno delle stime Psb e Ue, grazie a minori spese per interessi e alla crescita più contenuta del Pil.