ROMA - Il 90% degli italiani accede a internet tutti i giorni, il 48% per più di 4 ore, e lo fa in primo luogo per ricercare informazioni, poi per avere notizie su cronaca, politica e attualità, quindi per comunicare con gli amici (con un picco tra i grandi minori) e per la fruizione di contenuti audiovisivi. 

A fronte di questo uso praticamente universale del web, il 64,6% degli italiani ha un livello nullo o scarso di conoscenza sul ruolo svolto dagli algoritmi di raccomandazione utilizzati dalle principali piattaforme online per indirizzare l’utente verso certi contenuti rispetto ad altri, ma con un grande divario tra gli anziani e i giovani adulti. 

Sono alcuni dei dati più significativi del report su I fabbisogni di alfabetizzazione mediatica e digitale degli italiani, messo a punto dall’Agcom e presentato oggi nella sede dell’Authority di vigilanza sul settore delle comunicazioni. 

Il rapporto rivela anche che più di 8 italiani su 10 si dichiarano genericamente preoccupati per i diversi contenuti e attività fonte di rischio, mentre oltre 4 su 10 si dichiarano molto preoccupati per hate speech, contenuti illegali di vario tipo, sfide social, cyberbullismo e disinformazione.  

Viceversa, solo il 15% dei cittadini si dichiara molto preoccupato dalla presenza di contenuti audiovisivi non protetti dal diritto d’autore. Anche in questo caso il dato varia per fasce di età: i minorenni si dichiarano meno preoccupati della media, mentre più della metà degli anziani è molto preoccupata per hate speech e contenuti illegali. 

Più della metà della popolazione italiana si è imbattuta in contenuti di disinformazione, revenge porn e hate speech, e più di 4 italiani su 10 (43,5%) dichiarano di essersi imbattuti frequentemente in contenuti di disinformazione. 

“Dal report emerge una forte problematica di inquinamento digitale”, osserva il commissario dell’Agcom Massimiliano Capitanio, che segnala come le strategie efficaci contro questi fenomeni “siano poche” e spesso poco utilizzate.  

Ad esempio, lo strumento del parental control – uno scudo per i minori contro contenuti tossici, dalla pornografia all’hate speech – è attivo solo su una minoranza (1,4 milioni) delle SIM utilizzate dai minori.  

Per quanto riguarda le profilazioni algoritmiche, Capitanio sottolinea che “sono necessarie misure suppletive”, ad esempio per la verifica dell’età. Queste misure dovrebbero arrivare a breve, precisa il presidente dell’Agcom Giacomo Lasorella, ricordando che “in tema di piattaforme molto grandi come Google, Facebook, Instagram, TikTok, la competenza è della Commissione europea, da cui attendiamo a breve le linee guida sulla tutela dei minori”. 

Otto genitori su dieci regolano l’accesso ai media dei figli, mentre il 13% impone il divieto assoluto e il 4,8% lascia totale libertà di utilizzo. Le regole più diffuse, adottate da 2 genitori su 10, sono: limiti di tempo e fasce orarie per l’uso dei media, monitoraggio da parte dei genitori e blocco di specifici contenuti.  

Il 10,6% dei genitori modifica le impostazioni privacy degli account dei figli, mentre solo il 12,5% parla con loro dell’esperienza di navigazione online. I genitori over 45 e con titolo di studio elevato adottano strategie di monitoraggio e co-using, mentre i più giovani e meno istruiti preferiscono le restrizioni.