ROMA - Il decreto che riforma la cittadinanza, sulla base dello ius sanguinis, è alle battute finali, ma alla vigilia del primo voto al Senato la Lega sembra mettersi di traverso.
Temendo contraccolpi sui figli degli emigrati all’estero, che vivono lì e che spesso hanno nonni e padri venuti dal nord d’Italia, non nasconde le sue “pesanti riserve” sul provvedimento del governo, e uno dei tre rappresentanti della commissione Affari costituzionali, che ha approvato il testo al Senato, non partecipa al voto. È il veronese Paolo Tosato, da 30 anni nel Carroccio.
Il partito di Matteo Salvini garantisce comunque lealtà e domani voterà il decreto in Aula, che è sollecitato soprattutto dai meloniani, ma i dubbi restano, condivisi con il Maie, il movimento degli italiani all’estero, generalmente schierato con la maggioranza e che stavolta è pronto a votare contro.
Intento della norma del governo è mettere un freno al boom di richieste di cittadinanza bollato come “un mercato illegale” dai più critici, fiorente soprattutto in Brasile. Il Carroccio è d’accordo, ma si distanzia sulla nascita in Italia come requisito per chiedere la cittadinanza.
Per i leghisti, il rischio è che possa aprire la strada allo ius soli, favorendo anche le richieste degli stranieri in Italia, e nei giorni scorsi si è trovata un’intesa, facendo sparire quell’elemento dal testo.