Figlia della seconda ondata del femminismo, disinvolta, caparbia come pochi. Ancor prima di dare davvero forma al suo lungo cammino, Jane Gazzo ha scelto i dischi che voleva suonare e vi è rimasta fedele fino a oggi, tentando di non mentire mai a se stessa.
Speaker radiofonica, presentatrice televisiva, scrittrice e giornalista, non si è lasciata sfuggire nessuna grande personalità musicale, e da una radio comunitaria locale è arrivata a trasformare l’unidimensionalità di un desiderio tanto bramato in pura ed effettiva realtà, approdando alla BBC a Londra. “Se ti chiudono la porta, tu apri la finestra”, ripete con una sicurezza confortante.
Incrocio il suo sguardo attento in un popolare negozio di motociclette a Lygon Street, trasformatosi, poi, in uno dei primi bar nell’ormai fiorente Brunswick East.
La sua attitudine alla moda rock and roll è chiaramente ancora viva e non è meno elettrizzante: eyeliner nero alato, stampe e motivi audaci, acconciatura leggermente cotonata. Un po’ ricorda l’immagine di un’indimenticabile cantante britannica, voce inconfondibile del nostro secolo.
“Ho conosciuto Amy Winehouse a Londra. Aveva appena firmato il suo grande contratto discografico, all’inizio degli anni 2000. Non aveva l’aspetto a cui noi tutti la associamo oggi; era voluttuosa, una ragazza naturale e sana. Poi ci siamo avvicinate più avanti nella sua carriera e siamo diventate amiche. Veniva in un club dove facevo da deejay e, ironicamente, una sera mi disse: ‘Amo il tuo look e amo quello che indossi’ – racconta con piglio nostalgico –. Con Amy, però, ho scoperto davvero l’impatto devastante dei paparazzi; una sera in cui siamo uscite insieme, è stato straziante. Ho avuto lampi di luce negli occhi per circa un’ora”.

Uno scatto con Amy Winehouse apparso anche nel film documentario Amy
Negli anni Novanta, in un decennio in cui carriere venivano interrotte per la crudeltà dei media, per il bullismo dell’industria, o ancora per l’evidente misoginia, le donne a livelli professionali più distinti non vantavano reti di supporto e, per sopravvivere, non trovavano collettivamente la propria voce.
“Penso che il senso di ottimismo, che non mi hai mai abbandonata lungo la strada, lo devo soprattutto alla mia famiglia italiana – aggiunge –. Quel senso innato di fiducia nell’andare altrove e dare vita a un nuovo percorso; ne sono molto grata”.
Suo nonno ha infatti raggiunto il ‘quinto continente’ alla fine degli anni ’40, lavorando per il governo del Victoria e del New South Wales per la costruzione di strade e ponti. Si è lasciato subito affascinare da Melbourne, “come un posto perfetto per crescere una famiglia”; ha quindi preso casa a Coburg e ha acquistato il biglietto per il viaggio in nave a sua moglie e ai loro cinque bambini.
Era giunto il momento per tutti di dire addio agli antichi monti di Agira, il piccolo paese in provincia di Catania, in Sicilia, dove erano cresciuti.
“Mio padre ha compiuto sette anni proprio sulla nave. Ricorda molto bene il mal di mare di quei giorni – racconta –. A quanto pare, il giorno in cui salirono a bordo della nave per raggiungere l’Australia, l’intero paesino pianse perché ‘le belle ragazze della famiglia Gazzo’ stavano andando via. Le tre sorelle di mio padre erano, infatti, nel pieno della loro adolescenza, presto in età da matrimonio. Una storia che ci è stata poi confermata, durante il nostro viaggio in Sicilia, da un residente di Agira che ha straordinariamente riconosciuto mio padre”.
Nonostante sia cresciuta in una famiglia dalle origini ibride, Gazzo associa alla sua infanzia una casa in cui “era sempre presente la lingua italiana”. Sua madre, di discendenza inglese, ha difatti abbracciato davvero la cultura del Belpaese, frequentando una scuola serale per apprendere l’italiano.
E poi, i nonni paterni, che non hanno mai dimenticato le proprie radici e la musica della loro tradizione: dal vecchio brano napoletano Santa Lucia, di cui Gazzo mi canta una strofa sorridendo, fino a Umberto Tozzi, ma anche la canzone per bambini Mi scappa la pipì, che ha sempre trovato esilarante.
“Ho imparato molto presto l’espressione ‘pulisce la casa’, perché mia nonna mi chiedeva sempre dove fosse mia madre e dovevo risponderle in qualche modo! – racconta –. Ho amato tantissimo i miei nonni e sono sempre stata consapevole dei loro sacrifici e del mio privilegio. Avevo nove anni quando mio nonno è scomparso; è stato davvero triste, era il collante della nostra famiglia”.
Ma non si ascoltava solo musica italiana, riverberavano nella casa anche gli Abba e i greci Nana Mouskouri, Demis Roussos, Jon & Vangelis. “Non ascoltavamo molta musica in lingua inglese e penso sia abbastanza divertente che, invece, io sia finita in un ambiente mainstream”, aggiunge.
Il colpo di fulmine è avvenuto alla giovane età di sei anni, stregata dal programma musicale della domenica Countdown su ABC, condotto da Molly Meldrum. “Mio zio mi diede un piccolo televisore in bianco e nero che posizionai nella mia camera da letto. Era un appuntamento imperdibile; restavo incollata allo schermo – ricorda –. Capii cosa ‘voler fare da grande’. Ha avuto un impatto enorme”.
Durante gli anni delle scuole superiori, la giovane Gazzo ha scoperto la musica alternativa, ma soprattutto una stazione radiofonica locale, 3RRR-FM, che le ha spalancato le porte di un mondo incredibile; un ruolo da stagista ha decisamente segnato i primi passi di un lungo cammino. Dopo un corso di produzione all’Anno 12 e una laurea in Media e Cinema, ha iniziato a condurre il suo primo programma dalle 2am alle 6am.
“Mio padre mi accompagnava e veniva a riprendermi, uomo straordinario – ricorda con commozione –. Era estenuante perché era notte fonda, c’erano solo tassisti, fornai e festaioli in ascolto, ma chiamavano in tantissimi per le loro richieste musicali e ho imparato davvero molto”.
La stessa stazione radiofonica le ha presto proposto un nuovo programma pomeridiano, Calamity with Jane, per poi approdare a Triple J a poco più di vent’anni: “Venivo pagata per fare radio; non potevo crederci, era assurdo! – continua –. Da lì, è poi apparsa l’opportunità con ABC e il programma Recovery che mi ha permesso di intervistare le più grandi band internazionali. Il mio sogno, però, era sempre legato alla BBC, la mecca delle trasmissioni radiofoniche”.

Jane Gazzo insieme a Billy Russell durante la vittoria agli Astra Awards del 2011 come miglior copertura giornalistica al festival ‘Big Day Out’
Nel giugno 1999, stringendo una sola valigia e una scatola di dischi, “similmente a mio padre”, si è trasferita nel Regno Unito, persuasa dalla convinzione che solo in quel modo “sarebbe potuta diventare una giornalista migliore e lavorare con i più grandi”. Londra è diventata la sua casa per i successivi otto anni.
“È stato un momento difficile perché non ero solo un’australiana a Londra, ma australiana e donna. Non c’erano molte opportunità. Ma non ho mai smesso di lavorare e, alla fine, ho vissuto esperienze meravigliose”, ricorda con un sorriso.
Il lavoro alla BBC con Jane Gazzo’s Dream Ticket, una campagna commerciale con le Spice Girls, per Emma Bunton e Geri Halliwell, collaborazioni con l’etichetta discografica Virgin Records, con la band Culture Club, tra cui spiccava Boy George, il suo idolo. E poi ancora, un festival musicale organizzato da Yōko Ono, un’esperienza professionale con Courtney Love, opportunità televisive e radiofoniche con Russell Brand e Ricky Gervais, mentre divideva la sua abitazione con Sharky, membro de The Prodigy.
Ma terminato il contratto con la BBC, Jane Gazzo si è ritrovata davanti la vecchia strada di casa ed è tornata a Melbourne nel 2007 con una proposta da Foxtel e Channel V a Sydney.

Jane Gazzo insieme al celebre discografico Michael Gudinski
“Forse era arrivato il momento di pensare a sistemarmi e creare una famiglia, ma non ne sentivo la pressione, né la mia famiglia ha mai insistito che tornassi a casa; semplicemente volevo che la mia carriera continuasse e ho accettato un lavoro a tempo pieno in Australia – spiega –. Se fossi rimasta a Melbourne, negli anni Novanta, avrei avuto una vita lavorativa sicuramente più facile. Ero già conosciuta e avrei potuto proseguire lungo la stessa strada, ma volevo mettermi alla prova e cercavo nuove possibilità. Sono diventata ‘nessuno’, di nuovo, ma l’esperienza mi ha resa più resiliente, capace di lottare. Ricordo chiaramente il cielo soleggiato durante i Giochi Olimpici a Sydney nel 2000, mentre io mi trovavo nella cupa Londra a fare il turno di notte in radio. Ma ci sono sfide in ogni posto di lavoro – basta andare avanti”.
Dopo i successi letterari con John Farnham: The Untold Story e Sound as Ever – A Celebration of the Greatest Decade in Australian Music 1990-1999, oggi Jane Gazzo è un membro del Consiglio dell’organizzazione giovanile The Push e presidente del comitato consultivo per l’Australian Music Vault presso l’Arts Centre Melbourne.
La giovane ‘Calamity Jane’ che riempiva le sue playlist dei brani di band come Simple Minds, The Church, Bananarama, di pop star quali Bronski Beat, Dead or Alive, Frankie Goes to Hollywood, oggi prova a dare “un equilibrio musicale” anche ai suoi due bambini, di nove e sei anni.

Jane Gazzo e Hugh Jackman durante il suo tour The Greatest Showman, Gazzo ha aperto lo spettacolo con un dj set nel 2019
È già pronta a lavorare al suo terzo libro, mentre dedica gran parte del suo tempo a un programma di tutoraggio per ragazze con le sue stesse ambizioni professionali.
Cerca di condividere con loro le parole mai dimenticate di Annie Nightingale, la prima presentatrice donna su BBC Radio 1, che le sussurrò di “non arrendersi mai, di andare così”, l’esempio di John Peel, broadcaster britannico “con un immenso rispetto per gli artisti”, e cantanti di successo come Gwen Stefani.
“Negli anni Novanta, le donne non si prendevano cura l’una dell’altra, perché c’era troppa competizione. Oggi riscontro certamente più supporto e collaborazione; ci siamo resi conto che non ci sono abbastanza donne nel settore musicale e multimediale – spiega –. Dico sempre di non accettare mai un ‘no’ come risposta. È quello che ho sempre detto a me stessa e lo ripeto ai miei studenti: trasformate quel ‘no’ in un ‘non ora’. A Londra, mi è stato detto: ‘Non lavorerai mai nel Regno Unito con l’aspetto e lo stile che hai’. Ero devastata, ma poi, sei mesi dopo, la BBC mi ha offerto di presentare un nuovo programma musicale. Quindi, puoi lasciare che ti distruggano oppure puoi rialzarti ogni volta”.