LONDRA - Boris Johnson continua a tenere ferma la propria posizione di intransigenza e respinge la richiesta delle opposizioni di riaprire il Parlamento.
Inoltre, rispondendo alla BBC nel corso di un incontro pubblico, il primo ministro britannico ha seccamente respinto le accuse della Corte d’appello di Edimburgo (che ha decretato come illegale la sospensione del Parlamento britannico, ndr) negando d’aver mentito alla regina nel suo ‘advice’ per ottenere il formale assenso della regina sul provvedimento.
“Assolutamente no”, è stata la risposta al riguardo del premier Tory quando gli è stato espressamente chiesto se avesse fornito alla regina Elisabetta II dati e informazioni fuorvianti riguardanti le reali motivazioni dietro la richiesta di chiusura del Parlamento.
“L’Alta Corte in Inghilterra ci ha dato ragione, ma sarà la Corte Suprema a decidere”, ha poi ribadito Johnson in riferimento al ricorso che era stato presentato in Inghilterra contro la chiusura forzata del Parlamento, ricorso che invece è stato accolto, come detto, dalla Corte d’appello scozzese.
La decisione di chiudere la sessione parlamentare, ha detto il premier, è stata presa per consentire al governo di presentare in una nuova sessione il suo programma per migliorare il servizio sanitario, la politica di sicurezza e “altre priorità” per i cittadini.
Il premier si è detto fiducioso sulla possibilità di raggiungere un accordo con l’Unione europea, ma ha insistito sulla sua volontà di attuare la Brexit, con o senza un accordo, entro la data prevista del 31 ottobre.
Tuttavia, Johnson ha le mani legate dalla legge anti no deal approvata sul filo di lana dal Parlamento, che gli impone di chiedere a Bruxelles un rinvio della Brexit al 31 gennaio 2020, se entro il 19 ottobre non sarà raggiunto un accordo con la Ue.
La ‘prorogation’ terminerà il 14 ottobre con il tradizionale ‘Queen’s Speech’, il discorso della regina che illustra il programma del governo in carica.
Fino a quel momento l’unica istituzione che ha titolo per convocare le Camere è proprio il governo di Johnson che, per ora, non intende certamente cedere alle richieste dell’opposizione.