WASHINGTON D.C. – “La luce della promessa americana brillerà sempre finché continueremo a lottare [e] sono orgogliosa della campagna che abbiamo fatto. Il mio cuore è colmo oggi: pieno di gratitudine per la fiducia che avete riposto in me, pieno di amore per il nostro Paese e pieno di determinazione”. Sono le prime parole con le quali la vicepresidente degli Stati Uniti d’America e sconfitta delle elezioni Usa, Kamala Harris, ha salutato i suoi sostenitori riuniti a Washington che l’hanno accolta calorosamente.

La voce di Kamala Harris si è incrinata mentre ringraziava i suoi sostenitori e, nel ringraziare il marito Doug Emhoff, ha pianto. Emozionato anche il vicepresidente candidato, Tim Walz. “Ringrazio il presidente Biden per il suo sostegno”, ha detto. Con un cenno alle future elezioni che potrebbero aiutare i democratici a riconquistare il potere politico, Kamala Harris ha esortato i suoi sostenitori a rimanere impegnati nel processo democratico.

“La lotta per la nostra libertà richiederà un duro lavoro ma, come dico sempre, a noi piace il duro lavoro. Il lavoro duro è un buon lavoro. Il lavoro duro può essere un lavoro gioioso. E la lotta per il nostro Paese vale sempre la pena”, ha detto Harris.

La Vicepresidente si è rivolta ai giovani: “Va bene sentirsi tristi e delusi, ma sappiate che andrà tutto bene. In campagna elettorale dicevo spesso: “Quando combattiamo, vinciamo”. Ma il fatto è che a volte la lotta richiede un po’ di tempo. Questo non significa che non vinceremo. L’importante è non arrendersi mai. Quindi, a tutti coloro che stanno guardando, non disperate. Non è il momento di alzare le mani. È il momento di rimboccarsi le maniche. È il momento di organizzarsi, di mobilitarsi e di impegnarsi per la libertà, la giustizia e il futuro che sappiamo di poter costruire insieme – ha ribadito –. Noi siamo fedeli non a un presidente o a un partito ma alla Costituzione degli Stati Uniti”.

Nonostante questo invito, la resa dei conti nel Partito democratico è già scattata. Il maggior indiziato per la batosta è Joe Biden: il Presidente, è la tesi di molti fatta trapelare anche da una fonte anonima della campagna di Harris, ha “una grossa responsabilità” per essersi ostinato a restare in corsa per mesi, costringendo i democratici a rimuoverlo quasi di forza dopo la debacle nel duello Tv contro Donald Trump. 

Responsabilità condivisa peraltro, secondo gli osservatori, anche dai vertici dell’asinello, incapaci di opporsi al Presidente un anno fa, quando non gli impedirono di ricandidarsi. Harris, nei poco più di tre mesi a sua disposizione, ha cercato di fare il miracolo scontrandosi con molti papaveri del partito (compreso forse lo stesso Biden) che avrebbero preferito delle mini primarie piuttosto che la sua investitura.

E le tensioni interne hanno alimentato quelle fra lo staff di Harris e la campagna del suo capo, sulla quale la Vicepresidente si è, per forza di cose, dovuta appoggiare per la rincorsa. Le incomprensioni sono state evidenti fin dall’inizio, con molti fedelissimi del Presidente costretti a tirare la carretta per una candidata in cui non hanno mai creduto.

Da parte sua anche Kamala ha commesso diversi errori: pur cercando di distanziarsi da Biden - uno dei presidenti meno amati, precipitato ad appena il 39% di consensi -, non è riuscita a prenderne davvero le distanze e a imporsi come alternativa credibile, nonostante per lei si siano spesi, soprattutto alla fine, personalità del calibro di Nancy Pelosi (forse quella che ha spinto di più per il siluramento di Biden) e Barack Obama. Per l’ex presidente, in particolare, la debacle di Harris è un duro colpo che ridà fiato a chi lo accusa da tempo di non essere stato capace di formare una nuova generazione di leader dem, malgrado gli otto anni trascorsi alla Casa Bianca.