TEHERAN – Non figurerebbe il figlio Mojtaba, presente invece un lungo elenco di militari da promuovere in caso venissero uccisi altri comandanti.
Secondo il New York Times, l’unico rischio che Khamenei non corre è quello della sollevazione interna, perché l’attacco iniziale di Israele “ha fatto serrare i ranghi e unito le varie frange della politica” iraniana.
Khamenei è quindi “in un bunker, isolato da ogni tipo di mezzo di comunicazione tracciabile, passa le direttive a un consigliere fidato”, scrivono, confermando indiscrezioni emerse nei giorni scorsi. La Guida suprema sarebbe di fatto “introvabile”, tanto che anche il presidente Masoud Pezeshkian e il ministro degli esteri Abbas Araghchi avrebbero cercato di contattarlo senza successo.
L’intelligence di Teheran è ossessionata dalla presenza di informatori del Mossad, collaboratori “annidati ovunque” nel Paese, che hanno spinto al blocco delle comunicazioni con l’estero e allo spegnimento di internet per poterli scovare. I vertici militari ammettono che è stata proprio questa rete, e un massiccio fallimento del sistema di sicurezza interno, a favorire l’eliminazione di decine di comandanti nelle prime ore dell’attacco israeliano.
Nei giorni scorsi, intanto, altre fonti occidentali hanno indicato almeno altre due alternative al leader Khamenei: Alireza Arafi, 66 anni, membro del Consiglio dei Guardiani e vicepresidente dell’Assemblea degli Esperti, e Hashem Hosseini Bushehri, 66 anni, numero due di fatto della gerarchia religiosa perché è Imam pro-tempore e leader della preghiera del venerdì nella città Santa di Qom.