ROMA - La Camera ha approvato in via definitiva il decreto sugli acconti Irpef per il 2025, già licenziato nei giorni scorsi dal Senato. I voti favorevoli sono stati 153, mentre 101 deputati delle opposizioni si sono astenuti. 

Il provvedimento, che ora diventa legge, chiude una fase di incertezza e polemiche sollevate nei mesi scorsi da Caf e sindacati, preoccupati per le conseguenze di un vuoto normativo che avrebbe potuto pesare su milioni di contribuenti, in particolare dipendenti e pensionati. 

Con la nuova norma viene stabilito che chi non percepisce redditi aggiuntivi non sarà tenuto a versare alcun acconto Irpef per il prossimo anno. 

Il chiarimento si è reso necessario a causa di un disallineamento normativo tra il decreto legislativo del 2023 - che ha introdotto in via sperimentale la riduzione degli scaglioni Irpef da quattro a tre - e la legge di bilancio 2025, che ha reso questa modifica strutturale. Tuttavia, una parte della normativa era rimasta ancorata al vecchio sistema a quattro scaglioni, generando confusione e potenziali aggravi nei calcoli degli acconti. 

In concreto, come denunciato dalla Cgil lo scorso marzo, le aliquote Irpef erano passate stabilmente a tre, ma gli acconti per l’anno d’imposta 2024 da versare a giugno e novembre avrebbero dovuto essere calcolati con il vecchio schema a quattro scaglioni (23%, 25%, 35% e 43%) e con la precedente detrazione per redditi da lavoro dipendente, pari a 1.880 euro.  

Un sistema ormai superato, ma più oneroso rispetto a quello in vigore. Una “clamorosa ingiustizia”, secondo il sindacato, che ha spinto l’esecutivo a intervenire. 

La correzione comporterà per il 2025 un onere stimato in 245,5 milioni di euro, coperto tramite una riduzione del Fondo Mef per la sistemazione contabile delle partite sospese. Nel 2026, la cifra verrà reintegrata attraverso un fondo destinato alla compensazione di eventuali scostamenti di bilancio.