GAZA - In mezzo alla devastazione e alla desolazione di Gaza, la Chiesa della Sacra Famiglia, colpita questa mattina da un raid israeliano, rappresenta l’unico punto di riferimento per la piccola comunità cristiana rimasta nell’enclave palestinese. Come dichiarato dallo stesso Patriarca di Gerusalemme, Monsignor Pierbattista Pizzaballa, la parrocchia attualmente ospita circa 500 sfollati cristiani. Nel bombardamento sono rimaste ferite sei persone tra cui il parroco, padre Gabriel Romanelli, 55enne argentino, mentre due persone hanno perso la vita. 

La Chiesa della Holy Family, fa parte di un complesso più ampio, situato a est di Gaza City, quello del Convento Latino che comprende oltre alla casa del parroco, una scuola del Patriarcato Latino con 300 studenti e un asilo nido per 50 bambini. All’interno della struttura sono presenti anche due comunità di suore religiose, che aiutano nelle attività parrocchiali e sono responsabili di due case per bambini e anziani con disabilità.  

La Scuola della Sacra Famiglia, costruita nel 1974 dal Patriarcato Latino, è considerata la migliore di Gaza, offrendo un elevato standard educativo, scambi culturali, un’atmosfera cristiana e istruzione religiosa per bambini cristiani. La scuola conta circa 657 studenti e, come ovunque a Gaza, è sovraffollata. Le Suore del Rosario hanno fondato una scuola nel 2000 e oggi conta più di 800 studenti. I cristiani rappresentano lo 0,05% della popolazione, in un’area esclusivamente musulmana. 

È di pochi giorni fa la testimonianza di padre Romanelli a Radio Vaticana, in cui riferiva che “c’è tanta stanchezza, e preoccupazione perchè percepiamo di essere rimasti quasi soli in questa zona”, aggiungendo che “è rimasta solo la preghiera a mantenere coesa la piccola comunità cristiana di Gaza, stremata dalla guerra e dalla mancanza di cibo”. 

Il parroco, inoltre, ha raccontato che “gli aiuti che avevamo immagazzinato durante la tregua ci hanno consentito di andare avanti in questi mesi, e anche di aiutare diverse famiglie musulmane che vivevano nel quartiere dove si trova la parrocchia”, riferendo del razionamento obbligato delle derrate dopo il blocco degli aiuti umanitari disposto da Israele dal 3 marzo scorso, perchè da allora non è più arrivato nulla. 

“Tutto intorno a noi c’è solo morte e distruzione. Giorno e notte siamo accompagnati dal rumore delle bombe che cadono anche a poche centinaia di metri dalla parrocchia. È assurdo, ma ormai dopo 21 mesi questi orrendi rumori delle esplosioni sono entrati nell’ordinarietà della vita quotidiana”, ha riferito padre Romanelli. Nel complesso cattolico, tra chi è ancora rimasto ci sono molte persone malate che non hanno più potuto ricevere i medicinali necessari - alcune sono già morte - oltre a 50 tra disabili e bambini malati che sono curati amorevolmente dalle suore di madre Teresa.