BUENOS AIRES – Per ora è solo un disegno di legge (per la precisione, il numero 752 del 22 giugno 2023), presentato dal senatore Roberto Menia (Fratelli d’Italia), ma la sua eventuale approvazione avrebbe un impatto importante sugli italiani all’estero.
I punti chiave sono tre: introduzione del voto elettronico per i residenti fuori dall’Italia; agevolazioni per il recupero della cittadinanza per coloro che l’hanno perduta dopo la naturalizzazione in un altro Paese; nuovi requisiti, più restrittivi, per i discendenti di italiani che aspirano a ottenere la cittadinanza per ricostruzione genealogica.
È quest’ultimo punto, presentato nell’articolo 2 del disegno di legge, ad aver provocato un terremoto all’interno della comunità italiana in Argentina, soprattutto tra i discendenti di quarta, quinta o sesta generazione che aspirano a presentare domanda.
Infatti, i nuovi requisiti escludono i discendenti oltre la terza generazione e coloro che non hanno avuto la residenza italiana per almeno un anno prima di presentare la domanda.
Sarà inoltre necessario il conseguimento di un certificato di conoscenza dell’italiano livello B1 (già richiesto dal 2019 anche a chi ottiene la cittadinanza per matrimonio).
La ragione delle nuove norme sta nella volontà di arginare la “corsa alla cittadinanza” come mero strumento per immigrare in modo legale in uno Stato dell’Unione Europea, senza un reale vincolo culturale con il nostro Paese, con la conseguenza di poter esercitare diritti, come quello di voto, senza consapevolezza e responsabilità.
Inoltre, sono stati rilevati frequenti tentativi di falsificare la documentazione della ricostruzione genealogica, operazione favorita quando si tratta di documenti antichi, risalenti agli ultimi decenni dell’Ottocento.
Vero è, però, che in questo modo lo Stato italiano si trasforma in una fortezza, che si difende da un presunto assedio con leggi contraddittorie e punitive.
Si richiede un anno di residenza per ottenere la residenza attraverso lo ius sanguinis (che ius sanguinis, a questo punto, non è più), ma le attuali politiche migratorie rendono molto difficile ottenere il permesso di soggiorno.
Di contro, a coloro che in Italia sono nati e risiedono da sempre, i bambini figli degli immigrati regolari, si nega lo ius soli, obbligandoli ad aspettare i 18 anni per chiedere la cittadinanza, lasciando oltretutto un solo anno di tempo per iniziare il processo, sempre che non abbiano mai interrotto la permanenza in Italia.
Insomma, viene meno la certezza del diritto, trasformando la cittadinanza in un concorso a premi, una corsa a ostacoli, un videogame dove ogni livello diventa più difficile del precedente senza mai arrivare alla conclusione.
Inoltre, si rischia che, nell’incertezza del futuro, i consolati nelle prossime settimane vengano travolti da una valanga di nuove domande, congestionando ulteriormente gli uffici e peggiorando la qualità del servizio agli utenti.
La discussione della legge non è ancora iniziata.
“No pasarán!” è il deciso e lapidario commento dell’ex senatore Ricardo Merlo presidente del Maie (Movimento associativo italiani all’estero) che garantisce che i parlamentari del suo partito (il deputato Franco Tirelli e il senatore Mario Borghese, eletti nella circoscrizione estera del Sudamerica) daranno battaglia per difendere ciò che definisce “un diritto costituzionale”.