SYDNEY - La notizia è arrivata ai residenti e ai propri parenti in maniera improvvisa e inaspettata: con un comunicato inviato qualche giorno fa alle famiglie, firmato dal CEO dei villaggi Scalabrini Chris Grover, l’azienda ha annunciato la chiusura della storica struttura dello Scalabrini di Drummoyne al 1A di Lyons Road.
Una residenza per anziani che, sin dal lontano 1999 quando Scalabrini acquistò la struttura dalla Congregazione Piccole Sorelle dei Poveri, accoglie, tra gli altri residenti, una numerosa comunità di nostri connazionali. Anche loro, a partire dal prossimo mese di settembre, dovranno trovare una nuova sistemazione.
La comunicazione dell’azienda, che indica nella fine del mese di settembre 2019 la data di chiusura, fa riferimento a un degrado della struttura che “al netto di considerazioni su tutte le possibili opzioni, ivi comprese attività di piccola manutenzione e di complessa ristrutturazione, la rende non più adeguata”.
Interpellato dal nostro giornale, il CEO Chris Grover ha confermato l’aspetto del degrado della struttura: “l’edificio ha più di 60 anni e richiede un’estesa, continua ed esorbitante attività di manutenzione, che possa continuare a mantenerlo nella condizione di fornire un’assistenza eccellente ai nostri residenti - ha specificato Grover - Il nostro personale fa un lavoro incredibile e c’è una meravigliosa comunità a Lyons Road, Drummoyne, ma l’età dell’edificio non consente il tipo di operazioni di alta assistenza richieste adesso e in futuro. Inoltre, il servizio è sovvenzionato dal governo e non vi è alcuna previsione negli accordi di finanziamento che possa compensare i fornitori [dei servizi di assistenza] nel corso della chiusura di un servizio”.
Sulle modalità di valutazione che hanno portato alla decisione di chiudere la struttura di Lyons Road a Drummoyne, Grover ha ribadito che “la decisione non sia stata presa alla leggera. Comprendiamo il profondo impatto che ha sulla vita dei residenti e dei loro cari. Per anni abbiamo valutato diverse opzioni e consultato molti esperti tra cui ingegneri, architetti e costruttori per comprendere cosa fosse possibile fare. Una ristrutturazione complessa per garantire alti standard di assistenza non è possibile, in maniera particolare mentre la struttura è occupata dai residenti”.
La tempistica della chiusura, con un preavviso di pochi mesi è indubbiamente una delle criticità più rilevanti (anche se non l’unica) di questa vicenda che ha sollevato le ire delle famiglie dei residenti. Nonostante le perplessità espresse da quest’ultime però, l’azienda non sembra intenzionata a mettere in discussione la propria decisione e, sempre tramite il suo CEO Grover, ha assicurato che sarà fatto tutto il possibile per “dare alle persone coinvolte - residenti, famiglie e personale - certezze sul loro futuro. Per avere certezza, abbiamo deciso di concedere quattro mesi, fino alla fine di settembre, per un periodo di transizione”.
Il piano dell’azienda prevede il trasferimento “all’interno degli altri villaggi Scalabrini nei dintorni di Sydney per ospitare tutti i residenti di Lyons Road. Inclusi un numero di posti nella nuova struttura, The Village, anch’essa in Drummyone. Nel frattempo - spiega -, abbiamo bloccato l’accettazione di nuovi residenti nei nostri villaggi proprio per ospitare i residenti di Lyons Road che scelgano di trasferirsi in un altro villaggio Scalabrini, scelta che speriamo possano fare. Ma - precisa Grover - non possiamo mantenere questi posti vacanti per un tempo indefinito”.
Abbiamo sollecitato l’azienda a una risposta alle affermazioni del ministro John Sidoti che, ai microfoni di 10News, chiedeva come fosse possibile ritenere che la struttura “non fosse più idonea all’uso”, e il CEO Chris Grover ci ha informato di avere invitato il ministro Sidoti a visitare il villaggio di Lyons Road ma, almeno fino a venerdì scorso, non aveva ancora ottenuto risposta. “La scorsa settimana - ha precisato il CEO - abbiamo spiegato le ragioni della chiusura a uno dei consulenti del ministro Sidoti”, ribadendo che sono “troppo alti i costi per mantenere operativa la struttura” e l’azienda non si può “permettere di continuare a tenere vacanti i posti nelle nostre altre strutture. Al momento - ha avvisato Grover - abbiamo posti disponibili, ma non sarà sempre così”.
“L’organizzazione sta cercando di agire responsabilmente con le proprie risorse e i propri fondi”, ha concluso il CEO di Scalabrini.
Come detto, l’intera situazione, oltre che la tempistica, soprattutto nella comunicazione da parte dell’azienda, non poteva non destare preoccupazione e sconcerto nelle famiglie dei residenti. Domenica Riggio, la cui madre è una delle residenti del villaggio, ha costituito insieme con altre famiglie un comitato per fare sentire la propria voce e cercare di fermare il progetto di chiusura del villagio di Lyons Road.
Intervistata dal nostro collega Paolo Rajo, la signora Riggio ha espresso tutta la rabbia e la preoccupazione dei familiari degli anziani residenti, ben poco soddisfatti dell’esito degli incontri finora avuti con il management di Scalabrini: “Non vedo un villaggio che cade a pezzi, dopo nostre insistenti domande sul come e perché la struttura sia ritenuta non adeguata, nel corso della riunione di mercoledì scorso 12 giugno ci hanno parlato di un problema idraulico per il quale, nel mese scorso, hanno già speso diecimila dollari. E poi continuavano a parlare di una struttura di sessant’anni di età, vecchia e quindi?”, si chiede la signora Riggio.
Sono tante le domande irrisolte dei familiari dei residenti, preoccupati soprattutto per le ripercussioni che un eventuale trasloco potrebbe avere sui propri cari.
La struttura di Lyons Road accoglie un gran numero di anziani di origine italiana che, con l’avanzare degli anni, hanno ricostituito tra quelle mura una solida comunità, fatta di lingua e abitudini comuni.
Le famiglie, anche giustamente, temono lo stress dei loro genitori e parenti per un ulteriore cambio di residenza dopo che, finalmente, avevano trovato un equilibrio nella struttura di Lyons Road.
Il comitato delle famiglie dei residenti ha già organizzato altri incontri per sensibilizzare la comunità e le istituzioni e per cercare di concordare con l’azienda, se possibile, una diversa soluzione che non sia la chiusura e, laddove questo non sia fattibile, assicurare a ogni residente la più giusta sistemazione per soddisfare la primaria esigenza di cura e tutela della salute psicofisica dei propri cari.
MARCO PATAVINO